lunedì 18 giugno 2007

come vediamo noi Cochabamba

Hola, qui sempre tutto bene. Ieri nel pomeriggio siamo andati a trovare Edwin, il bambino sulla sedia a rotelle. Gli abbiamo portato una macchinina, che puo’ gestire con i comandi , stando seduto. Era felicissimo e con lui la mamma e il nonno. E’ stato bello rivederlo e soprattutto e’ stato bello vederlo contento, come tutti i bambini con un giocattolo nuovo.
Mentre attraversavamo la citta’ per raggiungere la sua casa abbiamo pensato di raccontarvi un po’come vediamo noi Cochabamba. La prima cosa che colpisce entrando in citta’ e’ il senso di precarieta’, di iniziato e mai finito. Non abbiamo mai visto tante cose incompiute in un colpo solo.

Le case:il muro di recinzione, il rustico e basta.Magari la gente ci abita anche, dopo aver chiuso alla meno peggio le finestre, oppure ci si serve delle famiglie piu’ povere che, per un riparo, fanno da guardiani.Se si esclude la zona centrale, quella delle belle piazze con le fontane,i bei negozi, i pubs, i parchi, quella cioe’ abitata dai ricchi e prese a prestito dai poveri per dormirci di notte, tutta la zona circostante fino all’estrema periferia, e parliamo di km e km e’ tutto un susseguirsi di abitazioni finite e non finite.

Le strade: in periferia sono di terra battuta o di sassi incastrati nel terreno. Siccome una parte della citta’ si estende verso la montagna, non e’ facile raggiungere i quartieri in alto se non si e’ provvisti di un fuoristrada e ne ce rendiamo conto quando andiamo a trovare Edwin: tra buche, sassi, cunette, piu’ che in citta’sembra di essere sul Pilastrino! (per chi non e’ di Roteglia e’ la collina che sta alle spalle del paese).

I negozi:ci sono due supermercati abbastanza forniti, dove oltre a imbustarti la roba, un inserviente porta fuori il carrello fino alla macchina; nei quartieri ci sono invece le tiendas, i negozi che vendono un po’ di tutto. Sono delle piccole stanze con la merce accatastata e spesso protetta da una cancellata all’ingresso. Per comprare non si entra, da fuori si chiede quello che serve e te lo passano da una apertura della grata.E poi tante farmacie, che chiunque puo’ aprire. E luoghi dopo si puo’ mangiare a tutte le ore o semplicemente comprare pollo fritto, carne o verdura alla brace.

E gli autobus, bellissmi, piccoli e tutti colorati, che si fermano dove uno desidera, in un incrocio, in mezzo al traffico, sulla strada...Bisogna solo essere rapidi a salire o scendere dall’unico ingresso senza porta. E taxi, i trufi,tanti che fanno lo stesso servizio dei bus,caricano quante piu’ persone possono e lasciano tutti dove vogliono. E i fiori sugli alberi e nei giardini tutto l’anno, le donne con i cappelli che ne indicano la provenienza:neri a bombetta quelle de La Paz, bianchi e con i nastri colorati per le locali e le loro gonne ampie, le trecce lunghissime e sacchi colorati di aguayo che servono a mille funzioni.

E alla fine non si puo’ non parlare dei cani, tanti, tantissimi che circolano per la citta’, grandi, piccoli, con tutte le razze incrociate, trovano cibo tra i rifiuti e convivono con le persone, a volte nell’indifferenza reciproca, a volte nella condivisione delle proprie sfortune; e’ il caso di quelli che vivono con le persone di strada e di notte si scaldano a vicenda.

E qui tra miseria, sofferenza e ingiustizia prevale la voglia di divertirsi, che vuol dire fare festa, mangiare, anche solo per oggi, ubriacarsi, ballare... E’ difficile per noi comprendere come proprio le famiglie piu’ povere possono anche indebitarsi per non sfigurare con i vicini e offrire loro cibo e ciccia, la bevanda locale, per festeggiare qualcuno o qualcosa. Forse l’unica cosa e’ provare a immaginare una famiglia che vive nella precarieta’ piu’ totale: la casa, il riparo, oggi ce l’hai, ma domani non si sa; il lavoro, se hai la fortuna di trovarlo, puo’ essere per un giorno o un periodo, ma non ci puoi contare per sempre; i figli, quelli che non muoiono da piccoli, possono finire per strada o avranno una prospettiva di vita come la tua; non c’e’assistenza sanitaria dopo i cinque anni e per molti l’istruzione e’ ancora un miraggio, mentre invece l’ignoranza e la supertizione persistono. Pensiamo davvero che in queste condizioni uno possa pensare al futuro per se’ e per i figli?

Questo e’ tutto. Con questo dubbio che noi non abbiamo risolto, salutiamo tutti con affetto e se avete voglia scriveteci!

betty y pino

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