sabato 9 giugno 2012

L’arrivo di un bebè...

Da poco più di un giorno è arrivato un nuovo bimbo nella nostra casetta. Ha nome e cognomi, cioè ha una famiglia al completo di papà e di mamma, ha una data di nascita, ma è stato abbandonato dai genitori, supponiamo a causa della sua malattia.

La polizia l’ha trovato per strada, avvolto in fasce. Gli Enti Sociali hanno chiesto a noi di accoglierlo. Non c’era posto per lui negli altri Centri, in città:

“Vi preghiamo di tenerlo solo per due settimane, finché ritroviamo la sua famiglia o cerchiamo un’altra sistemazione”.

Difficile dire di no di fronte a tanta malattia, a un essere così indifeso. E poi ci viene da sorridere al ricordare che la stessa identica frase ci fu detta quattro anni fa quando accogliemmo David! O due anni fa quando arrivò Mateo.

La decisione presa in fretta, senza troppi calcoli o considerazioni complicate. E così venerdì, a mezzogiorno, è arrivato il piccolo Juan. Una sorpresa, una sorpresa per tutti, soprattutto per gli altri nostri bimbi, al rientro da scuola.

Il piccolo Juan ha quasi tre mesi. Pesa 4 chili. E’ idrocefalo come David, come Mateo e come la Jacky. Detto in parole semplici: ha una valvola di derivazione che scarica i liquidi in eccesso dal cervello alla zona addominale.

Arriva il bebè e noi di fretta a comprare pannolini su misura e latte in polvere. E a metterci d’accordo sulla quantità di latte nel biberon, quante volte al giorno, su chi deve occuparsi di lui, dove deve dormire, se avrà freddo o no, annotando su un foglietto se ha fatto cacchina o no, eccetera.

E la vita si trasforma improvvisamente anche tra di noi. Il bimbo piange e non sappiamo perché. Allora l’attenzione è tutta per lui. Usciamo da noi stessi, dalle nostre capacità e abilità professionali, a guardarci in faccia smarriti e a cercare consigli tra di noi visto che non siamo mai stati nè genitori nè mamme.

Povero Juanito: dov’è capitato! Meno male che qui fuori ci sono una settantina di mamme! E poi quasi ogni mese nasce un bimbo nella nostra cittadella per cui possiamo andare “in prestito” di latte materno! Ma da parte di tutti: disponibilità assoluta per le coccole! E allora gli altri bimbi cominciano ad essere un po’ gelosi. Naturale!

Una sorpresa bella, il piccolo Juan.

Dicevamo che non abbiamo tempo per tante considerazioni. Certo: siamo tristi, turbati e perplessi per la scelta presa dai suoi genitori. Ma non li giudichiamo. Abbiamo idee abbastanza chiare sui problemi cerebrali nei bambini. E’ difficile per noi, chissà come sarà per genitori poveri o pieni di figli... Ma basterebbe avere la semplicità di farsi aiutare o avere qualcuno vicino pronto a dare qualche buon suggerimento... Speriamo trovare i genitori.

Mentre tutti gli altri bimbi dormono beati, il bebè è sotto che piange. Ha ragione! Il fatto è che lui ha diritto alla sua famiglia: non sa perché improvvisamente l’ha persa! E così noi la stiamo cercando. Anche se siamo contenti di esserne, temporaneamente, un umile surrogato.

Bello vedere la disponibilità dei ragazzi, di tutti, qui in casa. Certo, noi che siamo specialisti in caos e disorganizzazioni vediamo moltiplicarsi la confusione qui in casa. Ma aprire la porta della nostra casa al bisogno getta un velo su qualsiasi situazione confusa. L’ordine aspetterà.

Tenere tra le braccia un bebè, ammalato senza colpa, è un’emozione che chiarisce e rafforza le scelte profonde di chi vive qui o è venuto qui per condividere un cammino. Ora si capisce meglio:

“Lasciate che i bimbi vengano a me!”

Vien da dire che la Casa de los niños ha ormai una forza profonda che la fa andare avanti. Chi vi arriva l’assimila e la moltiplica. E’ come se la debolezza dei piccoli facesse leva sulla debolezza personale. E ognuno scopre un orizzonte impensato, ma forse anelato. Il cuore si sente capace. E la volontà aderisce.

Piccole-grandi esperienze che ci fanno sentire fortunati, non migliori.

“L’essenziale non si vede con gli occhi!”

Nel piccolo Juan vediamo la triste realtà della sua famiglia che l’ha abbandonato per strada. Assurda realtà alla nostra mente. Ma se chiudiamo gli occhi, vediamo anche oltre la realtà, perché spuntano gli occhi del cuore, gli occhi dei sogni. C’è uno spazio immenso, una capacità immensa nel cuore dell’umanità per la compassione se impariamo a scoprirla e a condividerla insieme.

Chiudere gli occhi alla realtà è lasciarsi svegliare dal pianto del piccolo Juan, dei troppi piccoli Juan che purtroppo sono ancor oggi abbandonati per strada.

Ma noi ci azzardiamo ad affermare che un giorno, come umanità, potremo davvero riaprire gli occhi, perché il piccolo Juan ci sveglierà con la gagliarda simpatia del suo sorriso, in braccio ai suoi genitori. E’ una certezza ed è un augurio:

Ben arrivato, piccolo Juan!

sabato 2 giugno 2012

Il vangelo e la piccola Laureana

Noi che ci crediamo, o ci vantiamo, di essere cattolici/credenti ogni giorno leggiamo il Vangelo per farci aiutare a trovare una luce e per cercare appigli solidi nel nostro cammino quotidiano.

Il vangelo di ieri, venerdì, era quello di Marco, nel capitolo 11, versetti dall’11 al 25. Ecco il testo:

11 Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l'ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània. 12 La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. 13 Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. 14 Rivolto all'albero, disse: "Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!". E i suoi discepoli l'udirono. 15 Giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe 16 e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. 17 E insegnava loro dicendo: "Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni? Voi invece ne avete fatto un covo di ladri". 18 Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era stupita del suo insegnamento. 19 Quando venne la sera, uscirono fuori dalla città. 20 La mattina seguente, passando, videro l'albero di fichi seccato fin dalle radici. 21 Pietro si ricordò e gli disse: "Maestro, guarda: l'albero di fichi che hai maledetto è seccato". 22 Rispose loro Gesù: "Abbiate fede in Dio! 23 In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: "Lèvati e gèttati nel mare", senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. 24 Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. 25 Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe".

Si tratta di un Vangelo strano, difficile da interpretare. Io penso che Marco, l’evangelista che lo scrive, fosse una persona semplice. Il suo Vangelo non è complicato per cui ci si può permettere di leggerlo letteralmente e cercar di capirlo così come viene scritto.

Gesù è da poco arrivato a Gerusalemme. La prima cosa che fa è quella di andare al tempio. Vede come vanno le cose lì dentro, non sembra molto soddisfatto, ma è sera e rimanda al giorno seguente le sue decisioni.

Va a dormire a Betania, vuol dire che deve fare un bel pezzo di strada a piedi prima di riposare, ma è l’unico posto dove ha amici che l’accolgono volentieri.

Si alza presto al mattino, non fa colazione perché ha fretta di arrivare a Gerusalemme dove ha in mente un certo progetto la cui esecuzione ha probabilmente occupato la sua mente durante la notte. Forse anche per questo non ha dormito bene. Ha fame sia per il lungo viaggio dei giorni addietro sia per la fretta di arrivare a Gerusalemme.

Di fianco alla strada intravede un albero di fichi. Si avvicina con la speranza di trovare qualche frutto, ma l’esperienza gli ricorda che siamo fuori stagione e i frutti non sono ancora maturi.

Gesù si arrabbia lo stesso e maledice quel povero albero che ha avuto la sfortuna di trovarsi sulla strada di un Gesù stanco e affamato.

Gesù segue il suo cammino e finalmente arriva al tempio. Ed ecco che mette in atto il suo piano: scaccia dal tempio tutti i venditori, mettendo sottosopra i loro banchetti, con una violenza insospettata in lui.

Sembra che non ci sia nessuna reazione dei presenti se non la solita dei sacerdoti fifoni e dei poveri che assentono stupiti, in silenzio.

Bene.

Dopo questa lettura, ci permettiamo di dire che anche Gesù si sbaglia e si arrabbia. E’ un pensiero un po’ azzardato e fuori schema, ma forse è aderente al testo appena letto. Un Gesù che commette un errore e che si irrita fuori modo non è così lontano né da noi né dalla verità.

Gesù si arrabbia con una pianta che non aveva nessuna colpa al non portare frutti fuori stagione! E poi Gesù si arrabbia con i commercianti del tempio e li scaccia via con violenza. E’ verosimile pensare che Gesù non abbia dormito bene quella notte e che fosse veramente molto irritato quel giorno.

In questo testo, Marco sottolinea dunque l’errore e la rabbia di Gesù. E la gente ha paura di Gesù. Solo Pietro, che tra l’altro ha condiviso parte della sua vita con l’evangelista Marco, il giorno dopo si azzarda a rivolgergli la parola costatando che l’albero di fichi si è seccato.

...

Oggi pomeriggio è morta la piccola Laureana...

L’avevamo conosciuta da pochi giorni quando ci era stato chiesto aiuto dai genitori, gente umile, di campagna, per poterla far dimettere dall’ospedale. La diagnosi non lasciava nessuno scampo: leucemia acuta. La malattia si era manifestata tre settimane prima con una improvvisa emorragia.

Noi siamo intervenuti con la speranza di trovare qualche cura alternativa e soprattutto con la speranza di un miracolo. Infatti, l’abbiamo portata subito da medici amici che purtroppo hanno confermato le poche speranze per lei. Ed abbiamo cominciato a ricordarla con trepidazione nelle preghiera.

Laureana, comunque, era felice di essere uscita dall’ospedale, spossata da tante punture e trasfusioni, ed era felice quando veniva alla casa de los niños. E’ ritornata a scuola per un paio di giorni e sembrava non mostrare segni della terribile malattia. Una violentissima emorragia, questo pomeriggio, invece, ha interrotto la sua vita, a soli 11 anni.

Questa sera siamo riusciti ad arrivare a casa sua, sperduta tra le colline, per darle un saluto. Non avevamo mai visto una casa così povera e una situazione di miseria così assoluta. Domani ci saranno i funerali.

...

Con timore ho ricordato l’albero di fichi del vangelo di ieri, seccatosi ingiustamente.

Ragiono in silenzio dentro di me e mi viene da pensare che sia un errore questa morte di Laureana. Non era il suo momento. Tanti frutti poteva dare ancora. Viene da arrabbiarsi... Cala il silenzio e l’incredulità.

Si secca la vita per errore. Si spegne la vita per una improvvisa malattia.

Si usa la violenza, a volte, per difendere la verità. Si reagisce con violenza davanti al dolore assurdo.

E possiamo chiedere una spiegazione a Gesù, come Pietro.

E Gesù risponde che possiamo ottenere tutto con la preghiera fiduciosa.

L’albero di fichi può tornare a fiorire a suo tempo e la vita può rientrare in un ritmo ordinato e rispettoso nella casa di Dio, cioè, nella nostra comunità.

Però c’è bisogno della preghiera e c’è bisogno del perdono. Per tutte le nazioni, come dice Marco.

Ci azzardiamo ad affermare che anche Gesù ha bisogno del nostro perdono perché pure lui ha sbagliato: ha condannato, ha seccato, è stato violento. E poi non ci spiega il senso della morte innocente. E non fa niente per evitarla.

Ma bisogna imparare a stare con lui senza giudicarlo, senza pretendere, anzi perdonandolo, andando oltre la dura verità. Allora tutti sperimenteremo il perdono di Dio e la vita, la speranza tornerà a fiorire.

Una vita reale dove è possibile ricominciare. E dove è necessario dare frutto.

Accarezzavo il volto di Laureana stasera, sotto quelle povere coperte sporche che lo coprivano.

Volevo ricorrere alla preghiera fiduciosa, alla richiesta del miracolo per la sua salute, per la sua vita, come tutte le sere precedenti, quando ancora era in vita: “Tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate...”

Ho pensato che la mia, la nostra vita, la vita per tutte le nazioni è povera di spirito, povera di preghiera ed è per questo che è povera di miracoli, povera di frutti evidenti soprattutto perché ci manca il perdono, la capacità di perdonare.

Mi/ci irritiamo tanto e perdoniamo poco.

Con qualcuno mi azzardavo a dire che questo è l’anno dei miracoli per noi, ma ora penso che deve essere soprattutto l’anno del perdono e della preghiera, del chiederci continuamente perdono l’un l’altro, del pregare continuamente gli uni per gli altri.

Vedo di nuovo Laureana: vedo il suo volto luminoso e sorridente che mi ricorda che è proprio inutile perdere tempo sui nostri problemi, sui nostri dolori, su ciò che non capiamo, sui nostri errori e sugli errori degli altri.

Perdonaci, Laureana, perché la nostra povertà ha impedito il miracolo per la tua vita.