venerdì 27 luglio 2012

LA NOSTRA RESPONSABILITA' VERSO L'ALTRO

Cochabamba (Bolivia) – Roteglia (Italia)

L'idea è che la nostra responsabilità come esseri umani sia nel concetto di costruzione reciproca.

La cooperazione internazionale è, o meglio dovrebbe essere, costruzione di identità. La metafora che meglio rappresenta questo movimento è l'acqua. L'acqua di un ruscello che nasce in montagna e scendendo incontra altri corsi d'acqua che si uniscono e percorrono un sentiero comune. Il torrente cresce fino a diventare fiume, ed è così che si vive l'esperienza della Casa de Los Ninos, associazione italiana e fondazione boliviana, nata a Roteglia e a Cochabamba dall'incontro di energie, che come l'acqua dei torrenti, che scendono dalla montagna, si sono unite e da anni stanno condividendo questa straordinaria esperienza di crescita reciproca. Comunità, famiglie, tanti bambini, che continuano a credere che nell'incontro ci sia l'opportunità di costruzione reciproca con quanto c'è a disposizione, un movimento che nasce dall'ascolto dell'altro, della storia dell'altro, decidendo di vivere anche la sua esperienza e cercando di creare lo spazio necessario perché questa esperienza si esprima e cresca, facendola durare.

Tutto questo, alla cittadella "Arco Iris" della Casa de los Ninos le 70 famiglie, le circa 400 persone che vivono questa esperienza, lo sanno, e il dolore e l’eco del recente terremoto in Italia che ha colpito duramente tante famiglie, tante Comunità, è arrivato sino a Cochabamba. La risposta che ci è ritornata, è che ora la priorità è il sostegno a questa difficile situazione che si vive in Italia nei luoghi colpiti dal sisma, e quindi la decisione di inviare un contributo economico di 90.000 boliviani, (10.000 Euro). Forse una piccola somma in Italia, ma in Bolivia era il budget programmato per il sostegno delle attività fino alla fine dell’anno, delle 400 persone che vivono nel villaggio dell’associazione. Dalla fondazione Casa de los ninos a Cochabamba, all'associazione Casa de los ninos a Roteglia, fino al paese di San Felice sul Panaro, a sostegno delle attività del centro estivo per i piccoli.

Avere a cuore il prossimo, chiunque esso sia, che tu lo conosca o no: un movimento che rende visibile lo spostamento di quell'energia che nasce nell'incontro e nella condivisione sincera e reciproca delle esperienze, a Cochabamba al villaggio Arco Iris, come a Roteglia, Reggio Emilia e nei luoghi colpiti dal sisma.

I bambini, le famiglie e tutti/e della Casa de Los Ninos

venerdì 20 luglio 2012

bimbi ed altro

in questi giorni scrivo poco perché siamo sempre con tanti cose nuove in casa.

Ci è stato affidato un bebè di tre settimane perché la mamma vive qui con noi, è la sorella di Ramona (Giovanna). Il bimbo è nato prematuro e pesa un chilo e mezzo e prende latte solo con la sondina. E' bravo e dorme sempre: ma con due bimbi così piccoli in casa non c'è molto tempo per poter riposare.

Ieri, comunque, su richiesta della mamma, abbiamo battezzato il bimbino che si chiama, sempre per volontà della madre: Gianluca!

E i padrini sono stati Ilaria e Matteo. Tutto in Italia! La mamma che ha 23 anni sta molto male per problemi ai polmoni. Oggi l'abbiamo mandata al suo paese perché lei vuole così. Adesso Matteo è da quelle parti con la speranza di poter trovare una sistemazione per lei in qualche ospedale del posto. Non ci sono molte possibilità per lei e il bimbo rimarrà con noi sempre per volontà della madre. E' piccolissimo, noi non abbiamo mai avuto un bimbo così piccolo.

Oggi è tornato a casa il piccolo Mateo che si è ripreso miracolosamente anche se il suo futuro è incerto.

Noi ce la facciamo a dormire un po' ma vale la pena portare avanti la speranza anche per questi bimbi che qui sono voluti bene!

mercoledì 18 luglio 2012

il grande fiume

Da giorni sto cercando di scrivere qualcosa... ma il tempo è poco... e la mente non è proprio sveglia: con tanti bimbi piccoli!!! Ci sono anche alcune foto. C'è tanta storia dietro queste foto! E tanta speranza!

Il grande fiume

Tutti quelli che sono stati qui da noi conoscono il fiume che porta dalla tribù degli Yuqui, il fiume Cimoré. A dire il vero, non si tratta di un grande fiume, come accennato nel titolo . E’ un modesto fiume tropicale che aumenta la sua capacità solo nei periodi di forti piogge. E’ un fiume che ha sempre il colore del fango perché ad ogni sua svolta ruba la limosa e fertile terra coltivabile delle rive. Tante volte siamo scesi su quel fiume per raggiungere il villaggio di Bia Recuaté. Per la traversata si usa una canoa a motore, lunga 8-10 metri, scavata nel tronco di alberi dai nomi suggestivi. Bisogna fidarsi di esperti piloti per riuscire a mantenere in equilibrio un mezzo così rudimentale e destreggiarsi tra i tronchi e i rami che il fiume trascina con sè.

La prima volta che scendemmo al villaggio fu il 9 gennaio del 2005 quando, con lo strazio nel cuore, riportammo a casa il corpo senza vita del piccolo David, stroncato da malattie tropicali nell’ospedale di Santa Cruz. Fu l’unica volta che scendemmo a remi e per l’intero percorso il fiume risuonò del mesto e ininterrotto lamento di Rebeca, la mamma adottiva di David.

Normalmente, si impiegano trenta cinque minuti per la discesa e più del doppio per la risalita fino al punto in cui si lascia la macchina. E’ un viaggio che ogni volta lascia profonde impressioni in ognuno, infatti, il tempo della traversata, immobili sulla precaria canoa, scioglie lo scorrere dei pensieri mentre lo sguardo spazia dalle sponde del fiume, al cielo e agli orizzonti sull’acqua.

Trattandosi di un fiume tropicale, ci si aspetta sempre qualche sorpresa come quella volta che una piccola tigre l’attraversò pochi metri davanti a noi. O come quando la gente del posto ci mostrò vari esemplari di coccodrilli bebè da poco catturati. L’ultima volta il nostro traghettatore spense il motore della canoa per aiutarci a scoprire le piccole scimmie che sulla riva si spostavano da un albero all’altro al suono di originali squittii. Ma non è sempre così. Normalmente, sono le farfalle dai mille colori le protagoniste e accompagnatrici del viaggio sul fiume, insieme al canto degli uccelli. E poi il fiume è ricco di una grande varietà di pesci, alcuni davvero enormi, che permettono il sostento delle tribù distribuite lungo il suo corso.

L’acqua scorre lentamente accanto a noi... Non sappiamo da dove sorge e dove si dirige: in quale fiume convergerà più a valle? E quanto tempo le occorrerà per arrivare sino all’oceano? Dalla canoa allunghiamo la mano per cogliere il segreto di quell’acqua color fango. Ma ovviamente ci sfugge e riprende il suo corso. Quella goccia risucchiata dalla canoa: quando avrà iniziato a formarsi? Ora si è persa nell’insieme dell’acqua del fiume. Ma non torna indietro. Seguendo le ferree leggi della chimica e della fisica, dà come la mano -sopra, sotto, avanti e indietro, a destra e a sinistra-, alle infinite gocce che come lei formano il grande fiume, dalla sorgente sino alla foce. Il fiume si ricrea costantemente grazie alla sua sorgente e grazie alle nubi del cielo. Ma arriva il momento in cui si perderà definitivamente. Ora è quella “ingenua stretta di mano” che lo tiene insieme. L’acqua del fiume non è mai la stessa, si mescola e si rimescola, ma il fiume è proprio se stesso proprio grazie a questo perdersi-ricrearsi. Nello scorrere del grande fiume: chi meno protagnista di quella anonima goccia persa nell’insieme?Chi più protagonista di quelle gocce infinite d’acqua che sono l’essenza, l’anima del grande fiume?

La nostra visita al villaggio è sempre breve: siamo lontani da casa e bisogna rientrare prima che si faccia troppo tardi. Non c’è bisogno di portare niente in tanta miseria umana. Difatti, bisognerebbe portare tutto l’immaginabile. Comunque, spesso portiamo latte e medicine. Ma gli sguardi si incontrano con simpatia. Tanti bimbi. Difficile riconoscere ognuno perché i tratti somatici si ripetono. Andiamo fin là non come turisti o come salvatori. Ci muoviamo fin là come quella piccola goccia del fiume, per continuare a darci la mano a scorrere insieme, fin dove non si sa, perdendoci e ricreandoci nella conoscenza mutua e nel desiderio di amicizia. Dopo David che, pur piccolo, ci chiese un favore: “Non abbandonate la mia tribù!”, accogliemmo nella nostra casa Marianita. Aveva solo 9 mesi e la tubercolosi aveva stremato le sue forze. Ora ha 8 anni. Sta benissimo! La nostra storia con gli Yuqui non è stata né programmata né forzata. E’ comunque una storia velata dal fango di tanto dolore. Ed è così anche adesso. L’incontro con gli Yuqui, infatti, in queste ultime settimane ci ha stretti a Betania e al suo minuscolo figlio, battezzato qualche giorno fa con il nome scelto proprio da lei: Gianluca! In onore del nostro Gianluca! E per completare l’opera e la riconoscenza, la mamma ha voluto come madrina Ilaria e come padrino Matteo, due dei ragazzi italiani che sono qui con noi e che più le sono stati vicini nelle sue notti di angoscia.

Bello! Una volontà molto significativa!

La mamma, affetta da fibrosi polmonare, ha anche espresso il desiderio che il suo bambino rimanga qui con noi, che noi lo curiamo e che noi lo facciamo crescere. Betania ha perso 20 chili in pochi mesi. Abbiamo una sua foto di qualche anno fa quando stava bene...

Il bebè, che ora ha un mese di vita, pesava un chilo e mezzo alla nascita, ma da quando è uscito dall’ospedale ha raggiunto quota 1800 gr.! Bravo! Non è nato in sala parto, ma nel letto di degenza della mamma, quasi senza che i medici di turno se ne rendessero conto perché era notte inoltrata! Prende ogni due ore 20 cc di latte, quasi un bicchiere e mezzo ogni giorno! E questo pomeriggio, il piccolo bebè, di nascosto sotto le copertine, dopo tanti sforzi, si è tolto con la lingua la fastidiosa sonda con cui si alimentava. E allora noi ci siamo azzardati a chiamare una delle nostre mamme, mamma di nuovo per l’ottava volta, perché gli avvicinasse il suo petto. E il piccolo Gianluca ha fatto la sua prima esperienza di poppare latte: un successone! E via, speriamo definitivamente, la sonda! Certo, stiamo tutti lì continuamente a controllare se vomita, ma per il momento sembra che la cosa vada bene.

Betania ha voluto essere trasferita in un ospedale più vicino a casa sua, nella zona tropicale dove, per la bassa altitudine, la respirazione è più facile per lei. Comunque, chiama continuamente per cellulare e senza dubbio sta meglio. Il piccolo Gianluca è di là che dorme nella sua culla a fianco con quella del piccolo Juan che ora sembra un gigante al suo confronto! Due gocce di vita nuova per la nostra casa. Due vite che si stringono nella sofferenza, ma anche nella speranza. Le mamme di questi due bimbi hanno storie diverse, ma che scorrono sull’onda del dolore anche dentro le pareti della casa de los niños.

Siamo scesi da poco sul grande fiume e, senza programmarla, siamo stati partecipici di una nuova storia con la tribù degli Yuqui. E’ una storia che fa scorrere anche il grande fiume della casa de los niños. Non sappiamo dov’è la sua sorgente e non sappiamo dove sfocerà questa storia.

Scende tra sponde feconde. Non importa se a volte è velata: non bisogna illudersi pensando che tutto sia chiaro e trasparente. Ma queste due culle, queste due mamme sono come piccole gocce deboli che si danno la mano e rinnovano la vita della casa de los niños, ricreando l’anima della nostra storia.

Scorre l’anonimo fiume tropicale sotto i nostri occhi. Cogliamo tra le mani un poco d’acqua. Fa caldo e rinfreschiamo la fronte. Si suda e forse qualche goccia coglie il tempo giusto per fare un salto questa volta verso l’alto. Allora la stretta di mano delle infinite gocce non è solo per tenere insieme l’acqua del fiume, bensì per creare continuità, amicizia attraverso l’aria e il cielo...

mercoledì 4 luglio 2012

Il messaggio di oggi e' semplice e corto

Oggi, 4 luglio 2012, la notizia che vogliamo comunicare a tutti riguarda il risultato degli ultimi esami medici di Maria Rene' e di Wara.

Finalmente, dopo quasi sette anni, questi esami hanno dato il risultato desiderato e sofferto: "Virus non rintracciabile dagli strumenti di laboratorio!"

Un risultato che ci riempie di commozione e che ci spinge ad un abbraccio e a un ringraziamento tra tutti noi che condividiamo le storie di queste due nostre bimbe. Vorremmo davvero ringraziare tutti perche' tutti, direttamente o indirettamente, conoscono Maria Rene e Wara, e tutti vogliono loro un sacco di bene.

Il dramma della loro malattia che abbiamo portato insieme con tanta incertezza e timore in questi anni ora si tinge di una speranza certa grazie alle medicine, grazie ai suggerimenti di medici amici, grazie all'appoggio di Istituzioni amiche, grazie alla generosita', all'affetto e alle preghiere, silenziosi ma costanti.

Siamo davvero contenti! Dal nostro piccolo centro, qui sotto le Ande, che con umilta' e illusione raccoglie tanti drammi umani, oggi brilla una forte luce di speranza e di gioia, insieme ad un ingenuo canto di vittoria!