mercoledì 27 ottobre 2010

cena di benvenuto per Aristide

Ciao a tutti!!!


comunichiamo che l'arrivo di Aristide è previsto per il 4 novembre .


Per l'occasione organizziamo una cena per dargli il benvenuto e per poter trovarci tutti e insieme rivivere un pò le esperienze di questi ultimi anni. La cena si terrà presso il ristorante LA LUNA di Tressano, Sabato 13/11/2010.


E' importante prenotare per darci modo di gestire al meglio l'organizzazione del ristorante.


Grazia
Associazione Casa de los Ninos 
casadelosninos@alice.it 

mercoledì 20 ottobre 2010

scandiano, festa del volontariato 2010

ciao a tutti ! ecco il volantino con il programma della festa del volontariato per " i sud del mondo" che anche quest'anno si terrà a Scandiano , all'interno dei padiglioni dell'ente fiera il 29-30-31 ottobre!!
partecipate numerosissimi e fate girare !!!


mercoledì 29 settembre 2010

Tante sofferenze e sospensioni per cosa?

La notizia definitiva che da mesi aspettavamo tutti è finalmente giunta. Difatti, la settimana scorsa la giudice che in novembre dell’anno scorso aveva dettato tante misure cautelari contro di noi ha fatto marcia indietro e ha tolto tutte queste misure soprattutto quella che mi impediva di muovermi da Cochabamba. 
Il 13 novembre 2009, la giudice aveva sentenziato che non potevo uscire da Cochabamba e tantomeno dalla Bolivia, che dovevo depositare una cauzione di 60.000 Boliviani (circa 6.000 euro), che dovevo presentare la mia firma tutte le settimane in un quaderno della Fiscalía e che non dovevo né incontrare né parlare per telefono con quasi nessuna delle persone che mi circondano.
Ora tutto è stato sciolto e finalmente sono terminati tutti i 4 processo in corso: due penali, un civile e un ecclesiastico. Le suore sono state punite con una multa e con il risarcimento di parte delle spese. E’ stato confermato il documento di compravendita del terreno a nome dell’associazione casa de los niños al prezzo stipulato 4 anni fa. Domani lunedì dovrò presentare questa sentenza negli uffici di Emigrazione per poter togliere gli ultimi ostacoli legali che mi impediscono di ritornare in Italia. 
Tante sofferenze e sospensioni per cosa? Non ho risposta e non ne voglio trovare una. Solo il definitivo sospiro di sollievo che da tempo aspettavamo tutti. Lo comunichiamo e diciamo grazie a tutti per aver vissuto con noi come una vera comunità di fratelli e sorelle questo tempo di sofferenze e amarezze. 
E ci rivedremo tra poco in Italia per abbracciarci e fare festa sul serio, per raccontare i particolari di questa storia triste, ma soprattutto per rilanciare il nostro sogno verso gli orizzonti che insieme decideremo. 
Ci vogliamo bene e il bene continua a fare capolino nelle nostre vite. 


venerdì 24 settembre 2010

Oggi la cittadella ha raggiunto quota trecento!

Oggi infatti abbiamo ricevuto qui a casa Pablo. Si tratta di un ragazzo di 22 anni, proveniente da un paesino vicino a Karpani, che l'ospedale pubblico ha dimesso perché non c'è più niente da fare per lui, per lo stato avanzato della sua malattia, la malattia che hanno tanti dei nostri, ma i nostri stanno bene...
Pesa poco più di 20 chili e non riesce ad alzarsi da letto. Si chiama come Paola ma pesa meno di lei quando arrivò da noi. 
Siamo contenti di averlo ricevuto. Ha una sua stanzetta nella nuova infermeria, una stanzetta bella che abbiamo preparato là dove viveva prima Padre José. 
Non sappiamo quanto starà con noi, ma abbiamo fiducia perché ha voglia di mangiare e di vivere. Lui non ha nessuno e noi siamo diventati la sua famiglia. E siamo contenti che con lui abbiamo raggiunto la soglia dei trecento. In questo periodo di grande stanchezza si tratta di una sfida speciale che ci è stata chiesta e che abbiamo accettato senza tentennamenti. 
Ogni giorno sarà un passo verso la vita, così lo pensiamo e lo speriamo. 
Bienvenido, Pablo, qualcuno ha scritto sul muro della sua stanzetta. Bel gesto, bell' auspicio...

lunedì 30 agosto 2010

una bicicletta

Mi sono fermato alle prime parole, giovedì scorso, e non ho avuto né la forza né il coraggio di continuare... Ero troppo turbato da quanto successo nel pomeriggio, A qualcuno l’ho già commentato ed ora provo a metterlo per iscritto. Un giorno tranquillo, quel giovedì. Ne avevo approfittato per andare al mercato a comprare alcune cose per le nostre famiglie più povere e una bicicletta per Anahí, una delle ultime nostre bimbe, quelle che ha subito un intervento alla gola a causa di una tubercolosi mal curata e che ora deve vivere con una cannula nella trachea per respirare e cercare di farsi capire. 

Una ragazzina di 12 anni che ha un viso splendido. Da due settimane anche la sua famiglia si è trasferita nel nostro villaggio e Anahí la vediamo poco: significa che è contenta di essere tornata a vivere con i suoi dopo alcuni mesi di degenza/ospitalità nella Casa de los Niños. Maria, la mamma di Nicola, prima del suo rientro in Italia mi ha lasciato un po’ di soldi per comprare regalini ai nostri bimbi. Sapevo che Anahí desiderava una bicicletta così -con i soldi in tasca- ho approfittato del giorno di spese per farle questa sorpresa. 

Arrivato a casa verso le due del pomeriggio non ho trovato nessuno forse perché tutti erano a riposare. Avevo l’intezione di fare un salto in ospedale a trovare Emily ma ho deciso di rimanere in casa finché non si svegliasse qualcuno. Dopo qualche minuto suona il telefono. E’ una delle professoresse della scuola che mi avverte fortemente allarmata che Anahí ha avuto una crisi e non riesce più a respirare e lì a scuola non sanno cosa fare. Vado fuori di corsa a prendere la macchina per andare alla scuola che è proprio dall’altra parte del terreno e per portare d’urgenza Anahí all’ospedale, ma neanch’io so bene cosa si può far per lei in questo frangente così delicato e imprevisto per noi, e poi l’ospedale è lontano. In quei metri che mi separano dalla scuola mi viene in mente di chiamare la dottoressa di Anahí. Per fortuna conosco a memoria il suo numero e il mio cellulare funziona. Mi risponde subito e mi dice di fare in fretta ad andare all’ospedale e di provare immediatamente con la respirazione bocca a bocca, e mi spiega come devo farlo. 

Arrivo alla scuola. Le maestre stanno portando fuori in braccio Anahí, al sentire il clacson della camionetta. Lei ha già perso conoscenza ed è tutta viola in faccia. Gli occhi fuori dalle orbite. Non so da quanti minuti è in quello stato. Non ci sono bimbi attorno, solo adulti, ma siamo tutti terrorizzati dalla situazione e chi grida ha ragione di farlo. Prendo la bocca chiusa di Anahí e cerco uno spiraglio per respirare profondamente nei suoi polmoni. Sento che se ne sta andando e che non riusciamo a farle riprendere conoscenza. Mi chiude la bocca sulla mia e si divincola pure lei in uno spasimo. Con la mano destra cerco di aprirle di nuovo la bocca ma la chiude e mi morsica le dita. Riprovo con tutta la forza che ho e non penso se le sto facendo male. Respiro in lei e continuo a respirare in lei. Dopo qualche instante grumi di sangue escono dalla sua cannula e mi investono in faccia. Anahí fa un rantolo, come se tossisse. Si sta liberando di nuovo la sua gola. La sdraiamo sul sedile posteriore della macchina e chiamo Daniel, il nostro professore di Karpani perché continui lui a praticare la respirazione bocca - bocca mentro io guido. C’è anche Rodrigo che ci dà una mano. 

Impieghiamo 7 minuti per arrivare al pronto soccorso con il clacson sempre in suono. In quei 7 minuti Anahí riapre gli occhi. Daniel le parla continuamente per tenerla sveglia e poi mi conferma che ha ripreso a respirare. Anahí fa segno che le fa male la testa. E’ per l’ossigeno che le è venuto meno durante vari minuti. All’ospedale sono bravissimi e tutti si muovono con prontezza, delicatezza e precisione per Anahí che conoscono benissimo dopo 7 mesi di degenza lì da loro. Con l’ossigeno, Anahí riprende pienamente conoscenza e il suo volto ritorna al suo color pallido e rosaceo. Fa capire che il peggio è passato e che ha solo mal di testa. Fanno radiografie ed esami vari e dopo un’ora Anahí è di nuovo in macchina con noi, spettinata, senza il suo foulard sulla cannula, ma con il volto calmo e sorridente. Riprendo il cellulare per ringraziare la dottoressa perché tutto si è risolto per il meglio. Chiamo anche le maestre per rassicurarle. Nel giardino di casa ci sono tanti bimbi che stanno facendo braccialetti colorati con Marcella e Sara. Nessuno di loro è al corrente di quanto è successo perché nessuno li/le ha avvisati per non spaventarli/le. 

Anahí si mette in ordine e poi esce insieme a loro a fare maniglie. A sera, prima di rientrare a casa, Rodrigo le consegna la sua bicicletta nuova. Anahí è felice. Sembra non ricordi niente di quanto è successo due ore prima. ... una bicicletta, un telefono, un cellulare, una macchina... strumenti e circostanze favorevoli, attimi di panico, una corsa verso la vita, un alito che può ridare la vita... Quando ho visto Anahí uscire dalla scuola, stesa, in braccio alla sua maestra ho pensato che non ce l’avremmo fatta, che era troppo tardi, che non saremmo mai arrivati in tempo all’ospedale... ... poi a sera ho intravisto Anahí davanti alla sua casetta nuova provare la nuova bicicletta sotto lo sguardo incuriosito del fratellino. 

La tensione era ancora così forte dentro di me che mi sembrava un sogno surreale quella vista. ... siamo stati fortunati, giovedì scorso. Ci è stato fatto un regalo immenso, da meditare per lungo tempo. Qualche giorno fa, pensavo buttar via il mio cellulare visto che non ne vedevo la necessità. ... capiamo adesso l’importanza di avere un pronto soccorso attrezzato dentro la cittadella. ... ci rendiamo anche conto che abbiamo una schiera di angeli che stanno lì a proteggere tutti i nostri bimbi e le nostre famiglie. ... ringraziamo per la vita di Anahí, ringraziamo per la vita di ognuno dei nostri bimbi... 






venerdì 6 agosto 2010

Non sembra vero, come diceva qualcuno, ma è proprio tutto finito!

Sono stato in silenzio in questi giorni anche se avrei voluto comunicare subito il miracolo che è avvenuto quasi d’improvviso e che da tempo tutti aspettavamo: dopo alcuni incontri per mettere per iscritto l’accordo, mercoledì scorso, insieme alla Suora che mi vendette il terreno quasi 4 anni fa, siamo andati presso 4 tribunali per depositare il documento che mette fine a tutti i processi. L’abbiamo fatto insieme in modo da chiudere una volta per tutte questa assurda e triste storia.

Sí, tutto è finito: la Superiora delle Suore Francescane di Hallein, Anna Schmidhuber, ha firmato il documento con cui vende all’Associazione “Casa de los Niños” il terreno al prezzo che già abbiamo pagato da oltre tre anni.

Non sembra vero, come diceva qualcuno, ma è proprio tutto finito!

Viene da chiedersi il senso di questa storia assurda, ma non è il caso di perdere altro tempo. Guardiamo fuori dalla nostra finestra, quella dei sogni realizzati, guardiamoci negli occhi o scriviamoci per dire solo: grazie! era ora! che bello!

Oggi è festa in Bolivia, festa della nazione che compie duecento anni di libertà.

Vorremmo pure noi fare festa con tutti per celebrare questo momento che significa sperimentare il senso profondo della libertà, della liberazione da pesi insopportabili, e speriamo davvero di fare festa con tutti, prima o poi.

Devo ammettere che sperimento un incredibile senso di sollievo e che la stessa sensazione desidero comunicare a tutti.

Vorrei pure chiedere a ognuno di leggere nel fondo del proprio cuore la storia di questi anni condivisi a distanza per ritrovare lì il seme della gioia, della speranza e del bene nonostante tutto. Infatti, come spesso abbiamo scritto, il bene ha vinto anche questa volta. Noi non siamo più bravi né migliori di nessuno. Ci interessa il bene, ci interessano le cose buone, ci interessa aiutarci a vedere insieme le cose buone e vere con gli occhi del cuore partendo proprio dalla nostra esperienza di debolezza.

Stamattina mi è venuta incontro María René (6 anni), tutta vestita a festa, per abbracciarmi.

Stamattina è stata dimessa dall’ospedale la piccola Emili (3 anni, quasi) dopo 10 giorni di cure per frenare la sua leucemia.

Stamattina, appena svegliato, mi ha salutato felice l’altra piccola, Carolina (4 anni), l’ultima arrivata che ha sempre il volto sorridente.

Stamattina ho baciato il piccolo David che mi stava aspettando nella sua culla, pronto per la colazione.

AIDS, leucemia, idrocefalia, ..., bimbi nostri, bimbe nostre che in qualche modo hanno vissuto il nostro dolore di questi anni, ma che senza dubbio hanno sperimentato molto più dolore del nostro nelle loro brevi vite mi riportano alla realtà della nostra casa e della nostra esperienza per non fermarci a giudicare, per riprendere insieme la storia bella che ci accomuna, per continuare a costruire insieme questo sogno che non è per noi, per la nostra realizzazione personale, ma per abbracciare chi incontriamo sul nostro cammino e per condividere la speranza.
... L’altro giorno, quando ci siamo ritrovati -dopo anni- con la Suora e io le ho chiesto scusa, lei ha voluto sapere del nostro Centro. Quando le ho detto che qui vivevamo quasi 300 persone, lei ha commentato: “Allora, il sogno va avanti”.

Sí, il  sogno va avanti, ed anche la gioia...

mercoledì 30 giugno 2010

La casa de los niños, la casita de paz

... 7 anni fa, circa in questa data, iniziava l’avventura della casa de los niños che in quel tempo chiamammo “casita de paz”. Iniziammo con niente, con qualche materasso per terra, al freddo dell’inverno appena iniziato, nella bellissima casa con piscina presa in affitto. Ci trasferimmo con alcuni bambini di strada che provocarono sgomento nelle prime amiche italiane che vennero a visitarci. La domenica, la casa si riempiva di altri duecento bimbi poveri del settore o del carcere femminile di Cochabamba. Le notti le passavamo in strada per cercare di ricuperare i nostri bimbi che abitualmente scappavano marinando la scuola...


... mi sono ricordato stasera di questo particolare perché nel pomeriggio ho rivisto per strada Max, con i capelli lunghi, sporco come un maialino, con un sacchetto di minestra in mano, con il suo sguardo allampanato per la droga. L’ho salutato con affetto, ma Max non si ferma mai quando mi incrocia per strada, solo mi sorride malinconico e se ne va incontro al suo destino. Max avrà ora 20 anni. E’ uno del centinaio di bimbi/ragazzi di strada che sono stati con noi all’inizio, a cui vogliamo un bene speciale. Ma con lui non ce l’abbiamo fatta. Come nel caso degli altri bambini, 7 anni fa lo rimandammo a casa, quando stava meglio. La sua mamma viveva nella zona tropicale, a 5 ore da Cochabamba. Dopo una settimana, Max ritornò sconsolato a Cochabamba a vivere per strada perché il nuovo marito della mamma l’aveva rifiutato e non voleva saperne di lui. Questo rifiuto significò l’addio di Max a ogni speranza di vita buona e da quel momento si lasció andare. Una volta lo tirammo fuori dal riformatorio facendoci garanti per lui. Ora non lo possiamo più tirar fuori nè dalla strada nè dalla droga. Ci incrociamo ogni tanto per strada, ma lui non si ferma mai perché è stato rifiutato e non trova in sè la forza per superare questa sconfitta e non si fida più di nessuno. Chissà se per lui riusciremo insieme a riaprire di nuovo uno spiraglio di speranza...

... domani primo luglio, è il compleanno di Anahí, che compirà 12 anni. Quasi nessuno la conosce perché è una delle ultime arrivate alla nostra casa. La tubercolosi mal curata le ha rubato la voce per sempre e quella sua cannula nella trachea, mascherata da un foulard, marca e delimita la sua vita di bimba, i suoi movimenti, i suoi sogni, i suoi giochi, le sue amicizie, le sue paure e i suoi capricci. Anche Anahí, che è una bellissima ragazzina, sorride a volte malinconica, ma lei non si è fermata davanti a una sconfitta e ha deciso lottare e guadagnarsi la vita facendosi protagonista della sua malattia. E poi Anahí ha una famiglia che le vuole bene, una famiglia povera ma dignitosa, una famiglia che si trasferirà da noi al più presto possibile perché qui l’ambiente è più salutare per il futuro di Anahí. Il fine settimana e in questo periodo di vacanze, Anahí va a casa sua perché è giusto così: vale di più mantenere il legame con la propria famiglia, anche se è povera, che caldo letto de la casa de los niños. Ma domani ci troveremo per farle festa insieme agli altri bimbi della casa, della nostra bella casa, disordinata ma bella perché ricca del sorriso, delle grida e dei capricci dei nostri bimbi.

.. e sempre domani dovrebbe arrivare da noi Emily, la vispa bimbetta di due anni che oggi è stata dimessa dall’ospedale e che ha la leucemia. Lei non è cosciente della gravità della sua malattia tanto sprizza felicità il suo volto. La chemioterapia, questa volta, ha avuto il sopravvento suoi suoi capelli, ma la dottoressa è fiduciosa sul suo futuro, Viene da noi perché la sua mamma, una ragazza giovane del campo che ha un altro figlioletto di 4 anni, ha chiesto aiuto per poter tener sotto controllo la bimba e in quella sua stanzetta in affitto, Emily si ammala continuamente di bronchite. E così noi ci siamo offerti e abbiamo pensato che uno dei nostri nuovi ambienti si potrà destinare alla famigliola di Emily. Emily noi l’abbiamo conosciuta attraverso il vetro della porta della sua stanzetta di ospedale, nel suo stato di isolamento per evitare contagi. Quella porta a vetri ci ricorda i momenti difficili quando conoscemmo María René in fin di vita, quattro anni fa...

... difatti, a un certo punto, ci fu un salto per la nostra casa: dai bambini di strada ai bambini ammalati, dalla casita de paz a la casa de los niños. E tanti volti e tanti nomi che sfilano sotto gli occhi del cuore che quasi non me li ricordo tutti: Maira, David, Toño, Luciano, Paola, Víctor Manuel, Teresita, Marianita, María René, Sabastián, Evita, Manuel, Jhonatan, l’altro David, Danielito, Roxana, Miriam, Mariano, Fabiola, Noelia, Nelly, Eli, Gladys, Ximena, Remi, Zacarías, Debora, Gina, Claudia, Damaris, Eugenio, Daniela, Giovanna, ...., ...., Laura, Katerine, Ari, Jacki, Wara, Evelin, Jazmine, Anahí, l’altra Anahí, Michelle, Wesley, Ronal, Jhonni, Vidal, Mateo, Luis Andrés, José Antonio, ... ... in questi giorni viviamo con Ari, Jacki, Katerin, Sebastián, David e Mateo (a dire il vero, stiamo ospitando pure 50 ragazzi del focolare che passano alcuni giorni di vacanza con noi e ne siamo felici!).

Quanto tempo si fermeranno con noi questi bimbi, non lo sappiamo. Difficile che David possa trovare qualcuno che lo adotti o che la sua mamma se lo riprenda, e poi noi non vogliamo separarcene. Difficile ritrovare la mamma di Jacki... In cambio, per il piccolo Mateo (per adesso si chiama così) è successo un miracolo. Lui compirà 6 mesi tra qualche settimana e pesa quasi 8 chili! E’ un bimbo tranquillissimo che mangia e dorme beatamente nella sua culla. Due mesi fa l’abbiamo portato all’ospedale per una grave infezione provocata dal tubo di drenaggio istallato nella sua testa. La meningite sembrava vincere sulla sua vita. Dopo un mese di cure, la sua testa si è rimessa a posto da sola e non c’è più bisogno di nessuno tubo di drenaggio (come quello che usano David e Jacky) e probabilmente lui potrà fare una vita normale. I medici non riescono a spiegare questa evoluzione così favorevole. Noi solo ne godiamo e ora possiamo sognare per lui una famiglia che l’accolga.

E lo stesso vale per il piccolo Luis Andrés che tra poco compirà 5 mesi. Pesava poco più di un chilo quando è arrivato qui e ora ne pesa 4. E una delle nostre famiglie ci aiuta nel curarlo. ... alcuni dei nostri bimbi sono già volati in cielo..., altri sono volati a vivere con la propria famiglia e li possiamo solo contemplare attraverso la nostra finestra magica... ... Marianita vive felice, legge bene, è una bimba bellissima ... María René è magrina, capricciosa, debole, ma è sempre la mia favorita: la vedo camminare come una sonnambola per la cittadella, contenta della sua casetta, della sua mamma e della sua sorella ... Evita gioca felice con le sue cuginette ... Manuel cammina e parla come un piccolo Pinocchio, e mi fa tanta tenerezza quando lo vedo per mano con la sua mamma stenca come lui... ... per ognuno dovrei appuntare una nota..., ma sono tanti. ... mentre scrivo queste note, rivedo le spalle di Max, questo pomeriggio, che mi passa e non si gira al mio saluto, ma tanto so che mi sorride. ... domani rivedremo Anahí che sorriderà felice per il suo compleanno insieme ai suoi “fratellini della casetta”, e vedremo il sorriso di Emily mentre si congeda dalla dottoressa e dalle infermiere dell’ospedale.

Storie e volti che ci uniscono e marcano la nostra vita e la vita de la casa de los niños.

domenica 2 maggio 2010

Un palloncino rosa per Jacky.

“Oggi pensavo che la nostra vita, la vita di ognuno di noi é segnata da cose belle che sono: i sogni, le piccole conquiste, i gesti dettati dall’amore; e da cose meno belle che sono: i dolori, le mancanze, gli errori. Tutti facciamo ogni giorno questa esperienza e siccome trasuda dalle piaghe aperte del nostro essere dovremmo imparare a non giudicare mai nessuno perché non siamo migliori di nessuno.




Stasera pensavo che siamo fortunati perché Paola (la mamma gravemente ammalata ospite da noi per cinquanta giorni) ci ricorda, nel suo estremo tentativo di afferrarsi alla vita, nella sua lotta dura per arrivare al Cielo, che non c’é tempo da perdere e che il senso vero del nostro essere qui si concentra in un solo gesto di delicatezza versato sul suo corpo martirizzato dalle piaghe di una malattia crudele”.



Non è un pensiero di oggi ma del 7 maggio 2008. Ma può servire anche oggi, a due anni di distanza, per riprendere il senso di alcune scene della nostra vita, della nostra casa e della nostra cittadella.



E’ notte ed è silenzio intorno dopo una domenica di riposo e dopo un primo maggio che abbiamo condiviso con le nostre famiglie in una festa semplice che abbiamo chiamato: “festa della solidarietà” e che ci ha visti protagonisti del primo matrimonio di una delle nostre famiglie celebrato con commozione, come diceva giustamente il Padre Antonio, nella splendida e originale cattedrale della natura, nel parco qui fuori.



... La polizia si è appena ritirata dalla nostra casa riconsegnandoci una delle nostre mamme (l’ultima accolta qui con noi) ricuperata ubriaca per strada, con la figlioletta più piccola insudiciata perché caduta dalle sue braccia ed altre due bimbe che, pur piccole, da tempo vivono lo spettacolo di una mamma che non ce la fa da sola a sollevarsi e che è vinta spesso dall’alcool. E non è l’unica.



Stanotte la bimba piccola è accolta da un’altra delle nostre famiglie, con un’altra mamma che potrà allattarla con delicatezza. Le altre due figliolette sono state rifocillate e custodite dalla cura dei nostri amici mentre noi eravamo in visita all’ospedale. La loro mente dovrà riempirsi piano piano di ricordi buoni.


... Approfittando la bella giornata di autunno, con un cielo caldo e splendido, siamo usciti nel tardo pomeriggio con l’intenzione di portare i bimbi al circo, ma purtruppo l’orario non era appropriato così abbiamo deviato il desiderio di svago per i bimbi verso un vicino parco-giochi, un parco strapieno i bimbi e famiglie. I nostri nove eroi erano felici lo stesso. Dopo essere scesi dalla macchina ed entrati nella marea di gente, dopo un po’ mi giro e vedo avvicinarsi una signora e donare emozionata un palloncino rosa a Jacky. Mi stupisce questo gesto di gratuità bella di cui non intuisco la motivazione. Ci pensano Giulia e Giada (le ultime due amiche arrivate qui con noi) a darmene ragione. E’ che Jacky, appena scesa dalla macchina, si è aggrappata a una signora per salutarla e darle spontaneamente un bacio, pur senza conoscerla. E questa signora, commossa per questo gesto così semplice e delicato di bimba, qualche istante successivo, ha voluto contraccambiare con un gesto altrettanto semplice e bello: regalando a Jacky un palloncino rosa comprato magari lì per lì.


... Jacky è una bambina che tra poco compirà 12 anni, che da tanti anni –troppi- non ha una famiglia propria e che per questo motivo ha vissuto in tanti centri ma che è stata rifiutata per il suo carattere, per la sua malattia, per il suo umore che cambia da un momento all’altro, per i suoi capricci, per la sua difficolta nel camminare, per la necessità di cure speciali, perché non sa nè leggere nè scrivere, perché ha una valvola nel suo corpo perché il suo cervello ho degli scompensi, e soprattutto perché non entra nei canoni di “bimba normale”. Jacky difatti è una bimba “speciale” che non è mai sazia, di cibo, ma soprattutto di affetto.


Questa bimba, che magari rimane indietro quando scendiamo dalla macchina e che noi pensiamo inconsciamente che rimarrà indietro sempre nella vita è capace di sorprenderci nella marea di gente che ci circonda per la sua balzana normalità e spontaneità, e i suoi gesti “originali” illuminano con sprazzi di incoscienza infantile un pomeriggio già bello di per sè, muovendo all’amore, allo stupore e alla commozione altri cuori.


E i gesti buoni si moltiplicano.


E allora ti viene da pensare che con i bimbi i parametri di normalità che portiamo dentro di noi sono una beffa e una stupidaggine, e che al fianco di Jacky possiamo essere spettatori di un orizzonte di vita che ci sorprenderà sempre e che vedremo sempre regali, semplici e colorati, spuntare d’improvviso alle nostre spalle.



Stasera pensavo che siamo fortunati...


... un bacio, ... un palloncino rosa regalato a Jacky, ... la polizia in casa, ... una mamma ferita nella sua dignità e una figlioletta caduta per strada..., tesori di vita vissuta –nella drammaticità e nell’incoscienza-, raccolti e comunicati nel silenzio notturno della nostra vita, della nostra casa, della nostra cittadella.