lunedì 25 luglio 2011

La Puya Raimundi e la speranza

La Puya Raimundi è una pianta molto speciale, dalle foglie spinose, che produce fiori molto belli. Noi avevamo una pianta simile, parente di quella specie, nel nostro giardino, di poco più di due metri di altezza, ma le violente piogge di gennaio l’hanno sradicata totalmente dal terreno e una mattina l’abbiamo trovata –poverina- adagiata in terra, con le poche radici all’aria.

A tutti piacevano i suoi fiori, anche se le sue foglie spinose avevano bucato vari palloni quando i bimbi giocavano in giardino, e questo fatto opacare la sua utilità e bellezza.
Per rispetto a coloro che l’apprezzavano, abbiamo tagliato il tronco a meno di un metro di altezza, per renderla meno pesante, e abbiamo provato a ripiantarla con una debole speranza che potesse riprendersi. Così sono passati i mesi e il tronco è rimasto lì senza nessun cenno di ripresa.

... Domenica mattina abbiamo visto con piacere una delle ultime famiglie arrivate alla cittadella che faceva pulizia nel giardino davanti a casa nostra. Quando è tutto bello ordinato è un piacere passeggiare o sdraiarsi in giardino, con sopra il cielo sgombro di nuvole.

L’unica cosa che mi sembrava stonata era il tronco rinsecchito di quella pianta che avevamo cercato inutilmente di far riprendere. Così ho pensato di cavarla via una volta per tutte perché dopo sei mesi di prova tutto sembrava definitivamente morto in lei e stonava con i fiori dei gigli accanto.

Prima di avvicinarmi con la zappa, mi sono ricordato del brano evangelico del fico che Gesù voleva far seccare perché non dava frutti, ma i suoi amici, intercedendo per lui, chiesero un anno di proroga: “Se durante quest’anno non produrrà frutti, lo taglierai e getterai la legna nel fuoco”.

Così dentro di me mi sono detto: “Aspettiamo ancora fino all’inizio della primavera, e se continua a non dar segni di vita, allora getteremo via quel tronco”.

E mentre riflettevo dentro di me su questa faccenda mi sono avvicinato al tronco della pianta.
Con mia grande sorpresa ho visto un piccolo germoglio sbucare a metà altezza. L’ho guardato più volte per sincerarmi di questa scoperta inaspettata. Era proprio così: c’era davvero un germoglio.

Ho sorriso dentro di me e mi sono rallegrato perché la vita e la speranza avevano ancora una volta fatto capolino nel nostro giardino in quel piccolo germoglio verde.

... Quante volte perdiamo la speranza in chi ci è attorno. Sembra che gliela diamo, ma aspettiamo sempre qualche risultato che a noi convenga, se no rimaniamo delusi e ci viene voglia di tagliare via. Succede anche qui, nella cittadella, soprattutto con le famiglie più problematiche. Vorremmo vedere immediatamente un cambiamento, un piccolo germoglio di vita differente, ma non abbiamo pazienza e non crediamo nel lavoro che non dipende da noi o dalle nostre aspettative. E giudizi duri fischiano nella nostra testa: “Te lo dicevo, non c’era da fidarsi di ... Quante opportunità gli abbiamo dato e continua ad ubriacarsi, a non tener dietro ai suoi figli, e alla sua famiglia!”.

A volte facciamo lo stesso ragionamento con noi stessi, e ci avviliamo perché non accettiamo i nostri limiti: siamo come tronchi secchi da gettare via, e non serviamo a niente.
Altre volte ci sembra che niente abbia più senso tanto il dolore è forte e la delusione ci schiaccia...

La natura, invece, insegna, e segue il suo corso inaspettato: improvvisamente la vita riprende, anche quando le intemperie hanno divelto le radici.

Se giriamo gli occhi attorno, uscendo da noi stessi, dai nostri ragionamenti freddi e calcolatori, scopriamo che torna la vita e con la vita torna il sorriso e rifiorisce la speranza.

mercoledì 20 luglio 2011

Il funerale di ieri è stato molto commovente

Cristina ed Emily, una mamma e una bimba, insieme, qui nel nostro giardino colmo con tutti i bimbi della cittadella, ordinati per corso, con le magliette della scuola e inusuale silenzio, le nostre mamme, tante persone di strada dalle espressioni stralunate, la dottoressa dell'ospedale accompagnata dalle mamme di altri bimbi malati di leucemia, le bellissime foto di Emily, le tante letterine dei nostri bimbi riassunte da un sole che piangeva e da altri disegnini con tanti angeli.

Il bacio di Dennis, e gli occhi gonfi della mamma di Emily che pure lei si chiama Cristina.

Tanti canti ed un forte applauso per salutare questo volo verso il cielo che qui sembra più vicino e in cui ci sembrava di muoverci tutti.

In questo periodo la nostra cittadella è di una bellezza speciale perché con il vento del pomeriggio i bimbi ne approfittano per giocare con gli aquiloni ed è tutta una gara di rudimentali carte colorate che si rincorrono sul fondo azzurro e terso del cielo...

E' la seconda mamma che ci lascia quest'anno ed è pure la seconda bimba in pochi mesi che vediamo partire inaspettatamente. Avremmo voluto evitare questo momento e di nuovo sperimentiamo la nostra impotenza davanti al dolore...

Ma poi la casa si riempie di bimbi e bisogna rispondere alle loro domande, bisogna rasserenare i loro pianti...

Stamattina è tornata Cristina, la mamma di Emily, insieme all'altro figlioletto di 5 anni. Lui voleva vedere Emily e la mamma non sapeva che spiegazione dare. Così noi l'abbiamo preso in disparte e gli abbiamo detto la verità, semplicemente e con parole e immagini che i bimbi piccoli non fanno fatica ad accettare.

Lui ci ha detto che aveva sognato con la sorellina e sembrava molto soddisfatto. Da poco era passato il suo compleanno ed Emily si era divorata la torta come mai successo prima...

Poi il congedo di Cristina, con il cuore spezzato che si ricomponeva nel grazie fraterno per quanto vissuto insieme in tutti questi mesi.

Bisognerebbe aver conosciuto Emily per comprendere quanto la sua vita sia sigillata nel nostro cuore...

Si assomigliano un po' per il loro carattere speciale, spesso duro, i nostri "bimbi" che sono volati in cielo: Mayra, David, Luciano, Toño, Zaida, Delia, Daniel, Mayron, Sonia, Emily...

Ma se alziamo gli occhi, ci sorprende un sorriso e ci stupiamo ingenuamente come in questi giorni al vedere le rincorse degli aquiloni in cielo...

martedì 19 luglio 2011

Cristina ed Emily ...

Cristina aveva 33 anni ed Emily poco più di 3... Sono volate in cielo questo fine settimana dopo giorni di agonia nell’ospedale di Cochabamba, a pochi passi l’una dall’altra, a poche ore l’una dall’altra.

Cristina è la mamma di Dennis, il piccolo di due anni colpito, come i genitori dall’AIDS, e che vive nella casa de los niños da circa un anno. In gennaio se ne era andato il padre, ora è toccato alla mamma.

In pochi mesi, Dennis ha perso entrambe i genitori ed ora dovremo pensare insieme per il suo futuro.

Nei mesi scorsi, avevamo chiesto alla mamma di venire a vivere qui con noi, per stare con il suo bimbo, ma lei non ha mai accettato. Da dicembre non si era fatta più viva. Marcela e Gianluca sono andati spesso a cercarla, nei pressi del mercato centrale della città, ma sempre ricevevano scarne informazioni sulla sua persona.

Dalla morte del marito, abbiamo saputo oggi dai vicini, beveva e si era lasciata andare. Non prendeva le medicine per la sua malattia e questo atteggiamento è stato fatale per lei.

Cristina è in compagnia, in questo momento, dei suoi amici di strada che hanno voluto portarla con sé in questo congedo doloroso inventando una festa a modo loro tutta per lei.

Stanotte è volata in cielo la piccola Emily... Non avevamo scritto prima della sua delicata situazione di salute, precipitata inaspettatamente nell'ultima settimana, per non allarmare nessuno. I medici ci avevano dato qualche speranza ma poi non c'è stato niente da fare: una polmonite fulminante ha bloccato i suoi deboli polmoni... e non ce l'ha fatta a resistere. Un respiratore artificiale la teneva forzatamente in vita.

I medici non ci consentivano quasi di vederla, nel reparto pediatrico di unità di terapia intensiva. Meno male che ieri pomeriggio Gianluca è potuto stare con lei per oltre una mezz’oretta. Noi siamo andati a sera inoltrata per pregare davanti alla porta del suo reparto.

Poi nella notte è volata via...

Emily, pur colpita dalla leucemia, era tanto migliorata negli ultimi mesi e mai ci saremmo aspettati una ricaduta così tragica.

Emily ora è qui con noi, nel salone grande della cittadella adornato oggi con fiori bianchi, giocattoli e bellissime foto sue.

I bimbi della cittadella, alla fine della scuola, sono fuori in giardino che giocano e schiamazzano. Hanno preparato disegnini per lei...

Era una bimba a cui volevamo tantissimo bene proprio per la debolezza che l’accompagnava. Ha passato quasi tutta la sua vita in ospedale e sembrava che ormai ci fosse abituata. Ma quando era qui a casa con noi, era felicissima di andare all’asilo e aveva tutto un mondo suo di giochi e fantasie.

Se ne sono andate una mamma e una bimba... Facciamo fatica ad accettare questa volontà così dura e improvvisa..., ma -pur nel buio- anche questo dolore condividiamo.


mercoledì 13 luglio 2011

E come regalo, una manciata di patate cotte

Qui, nella casetta de los niños, condiviamo tutto quello che abbiamo o riceviamo. Cerchiamo di non tenere niente per noi ma di far circolare tutto con la stessa generosità con cui viene dato a noi. Si tratta di un’esperienza che si rinnova con normalità ogni giorno.

Condividere tutto è una parola che entra immediatamente nel vocabolario dei nostri bimbi, anche dei più piccoli: compartir.

Questa mattina, siamo partiti -in 7 italiani!- con la camionetta carica di generi alimentari nel poco spazio rimasto libero. Siamo andati a visitare i nostri amici dell’altipiano, a Nuñumayani e a Karpani. Una giornata dal cielo splendido, nella cornice di montagne maestosamente dipinte dal bianco di neve da poco caduta, inaspettatamente in questo periodo.

E’ sempre una gioia incontrarsi con i bimbi e le famiglie dell’altipiano. Sono protagonisti di una storia parallela, di un mondo che esce dagli schemi a noi conosciuti. Sono un tesoro di umanità fresca e innocente che ritempra lo spirito.

Siamo fortunati perché anche questi amici dell’altipiano formano parte della bella e originale tribù della casa de los niños.

Arrivati davanti alla scuola materna del primo villaggio, piano piano si radunano ordinatamente -a gruppetti- bambini, mamme e adulti. Per ogni famiglia si distribuiscono i viveri. Nessuno si lamenta, nessuno fa ressa, anche se non riusciamo a scambiare molte parole per via della incomunicabilità della loro difficile lingua.

Si svuotano man mano i cartoni dei viveri, ma allo stesso tempo, dai cappelli, dai grembiuli, dagli aguayos (teli colorati tipici) di bimbi e adultil si riversano in quegli stessi cartoni provviste di patate, le ultime dell’anno perché siamo in inverno e non ci sarà raccolto sino alla prossima primavera.

Queste patate –pur piccole- sono dunque un tesoro perché sono praticamente il principale e quasi unico alimento della gente del villaggio e devono durare per vari mesi ancora. Ma vengono condivise, senza calcoli, senza manovre di statistiche economiche o preventivi di riserve.

Ed è così che noi vediamo svuotarsi i nostri cartoni e li rivediamo riempirsi del frutto di quei campi arrampicati verso il cielo, tanto sono alti e impervi.

E’ la generosità che va e che viene, è il grazie reciproco che va e che viene.

E’ la nuova legge economica dettata dall’amore e dalla condivisione piena.

Mentre ci prepariamo per ripartire verso casa, arriva dai campi una signora anziana, non sapremmo mai identificare la sua età. Si avvicina alla macchina e comincia a parlarci nella sua lingua incomprensibile. Ma capiamo lo stesso perché siamo andati lì dove ci portava il cuore. Apre anche lei il suo aguayo e riversa nelle nostre mani una manciata di patate cotte sotto la terra, meno di una decina. Ma lo fa con determinazione, nossa da una forte spinta interiore.

Quella manciata di patate cotte sotto la terra, se lo pensiamo bene, è un dono immenso, che non ha prezzo.

Quelle patate sono il vincolo della generosità senza confini che ci unisce, che unisce il sud del mondo con il nord, che sigilla una fraternità vera che spazza via tutto ciò che è artificiale o razionalizzato.

Sotto questo cielo di un azzurro straordinario, in mezzo a questi campi impervi irrigati da secoli dal sudore dei poveri, questo pomeriggio abbiamo assistito nuovamente alla realizzazione del sogno iscritto nel cuore dell’umanità: che è possibile incontarsi, che siamo fatti per incontrarci e donarci gli uni agli altri, dando tutto di sé.

Dal silenzio maestoso di queste quote riprendiamo la strada verso la città felici perché ci siamo ritrovati con questi che sembrano sprazzi di una umanità umile e insignificante, ma che nel fondo è quella che continua a dare una spinta decisiva al movimento positivo dell’universo.

... e proprio stasera la luna splende piena nel cielo...

lunedì 11 luglio 2011

Domani, 12 luglio, rientra in Italia Alessandra.

Sono passati 8 mesi e mezzo dal suo arrivo, il 31 ottobre del 2010 quando, con Gianluca, arrivarono per dare inizio ad una nuova esperienza, quella della casetta appositamente pensata e ripensata per i bimbi accolti temporaneamente qui con noi. Uno spazio costruito –in fretta- in funzione del bene dei bimbi e di chi si occupa di loro. Fu un tuffo nel buio per loro ed anche per noi, un tentativo di maggior autonomia e di maggior attenzione ai bambini attraverso persone stabili che, per un periodo più lungo, potessero accompagnarli e dar loro maggior serenità affettiva.

Esperienza interessante e necessaria che sta superando la fase di rodaggio e si rivelerà sempre di più importante nella tappa di crescita che stiamo vivendo. Bisognerebbe riuscire ad ascoltare Dennis, Jacki, Arisito, Sebastián per corroborare quanto utile è stata questa esperienza. Per non parlare di David che è tutta una storia a parte.

Alessandra è di Padova, meglio, di un paese vicino di cui non ricordiamo il nome. Ci siamo conosciuti di passaggio due anni fa e poi lei ha pensato di tornare per vivere un esperienza più lunga.

Alessandra prima di partire ci lascia un dono, il libro di Susanna Tamaro: “Va’ dove ti porta il cuore”. Un titolo che già di per sé è molto stimolante e significativo.

La nostra casetta, la nostra storia è segnata dall’arrivo e dalla partenza di tanti bimbi e di tante bimbe -soprattutto-, ma anche di tanti amici e di tante amiche di tante città diverse del mondo, di età diverse, di professioni diverse che vengono a condividere la loro vita qui con noi.

E’ una storia fatta di incontri, arricchita di volti e di cuori, di aspettative e di sogni.
Sono centinaia i volti dei bimbi che abbiamo incontrato e accolto. Sono oltre cento le persone che hanno trascorso un periodo della loro vita qui da noi. Abbiamo l’elenco completo con i nomi di ognuno. Importante non dimenticare nessuno!

La partenza di Alessandra ci offre l’opportunità di ricordare, di rimettere nel cuore, con grande affetto, ognuna di queste persone, di questi amici e amiche che hanno dato vita alla casa de los niños in questi anni.

E’ bene ringraziare ognuno perché i nostri bimbi sono stati oggetto delle loro coccole, del loro amore personale, singolare, semplice, quotidiano e tanto bello. Anche se l’intensità del rapporto è stata diversa con ognuno, la nostra esperienza si è arricchita del dono che ciascuna di queste persone ha rappresentato per noi, per i nostri bimbi, per la nostra cittadella, e lo diciamo sul serio.

Siamo felici di questo dono che è immenso e ci commuoviamo al rileggere i nomi di questo lungo elenco. E, pur lontani, continuiamo a costruire insieme il quotidiano della nostra storia.
Ora, è bene saperlo, oltre ad Alessandra, siamo qui con Gianluca, Marcella e Matteo. Giulia la consideriamo di casa. Sono loro i compagni di viaggio di questo periodo. Marcela, la boliviana, ha preso il posto di Alessandra e con Gianluca si incaricano dei bimbi. A Dennis e Jacky si è aggiunta, da alcuni giorni, Nicole, una splendida bimba di due anni con sindrome Down.

Auguriamo ad Alessandra che il cuore la porti sempre verso l’innocenza dei bimbi, verso il bene dei deboli. E speriamo di ritrovarci lì con lei, sempre, tutti uniti al calore della nostra bella ed eterogenea tribú.

Un forte abbraccio, Alessandra, e a presto!