lunedì 18 marzo 2013

Mateito

Da stamattina il piccolo Mateo rimarrà per sempre qui con noi, nel giardinetto che circonda la nostra bella cappellina. I bimbi metteranno fiori, attorno, e una piantina di cipresso. La sua foto si aggiungerà alle altre foto di bimbi ed amici che già coronano l’altare della cappellina.

L’altro giorno, quando abbiamo letto il brano del Vangelo in cui Gesù dice ai familiari di una bimba appena morta: “Non abbiate timore, la bimba non è morta! Sta dormendo”, i nostri bimbi sono riusciti a capire che la partenza di Mateo non ci deve spaventare nè rattristare.

I bimbi ci insegnano ad andare oltre le apparenze. Infatti, tutti i bimbi ci dicevamo di far piano “perché Mateito sta dormendo!”.

Loro hanno conosciuto Mateo sempre su una carrozzina o in una culla. E l’hanno visto spesso mentre dormiva.

Proprio tre anni fa, a metà marzo, ci chiesero di accogliere un bimbo molto ammalato, che aveva solo un mese e mezzo di vita. Era pomeriggio inoltrato e noi chiamammo tutte le famiglie, in giardino, e condividemmo questa richiesta. Subito mamma Inés disse che lei era disposta a tenerlo, nonostante avesse altri 6 figli. E il giorno dopo, alle 7 di sera, Mateo entrò non nella casa de los niños, ma nella cittadella, nella casetta di Doña Inés, una delle nostre prime casette.

Un giorno importante perché quel giorno si realizzava uno dei nostri sogni: che le nostre famiglie, che avevano ricevuto tanto, scegliessero liberamente di aprirsi alle necessità di chi era meno fortunato di loro.

Mateo che era stato abbandonato in ospedale dalla propria mamma (non gliene facciamo una colpa, non sappiamo perché avrà preso questa decisione), ora ne trovava un’altra, anzi, ne trovava due perché, durante il lavoro di Inés, Mateo era accolto in un’altra famiglia vicina, quella di Marisol e Marco.

Poi, quando era in casa qui da noi, soprattutto di ritorno dall’ospedale, Giulia si era presa l’incarico di accudirlo. Non era facile dargli da mangiare. Ci voleva una pazienza enorme, ma soprattutto tanta delicatezza. Per questo che noi diciamo che la vita di Mateito scorreva nel silenzio, tra dolore e delicatezza. Nel riposo di una culla e nelle braccia di tante mamme.

Mateo, come David e come il piccolo Juan, soffriva di idrocefalia. Portava una valvola di derivazione, dalla testa allo stomaco. E spesso aveva forti convulsioni. All’inizio i medici ci dissero che poteva migliorare e si fece un’operazione che ci diede molte speranze. Ma non fu così. In ospedale, Mateo si prese la meningite.

Tante volte il bimbo è entrato in ospedale. E tutto il personale dell’ospedale conosceva Mateito e nutriva un affetto speciale per lui. Faceva fatica a respirare e a deglutire. Ma lottava perché aveva sperimentato l’amore di famiglie che gli volevano bene, nonostante i suoi gravi limiti fisici. Mateo lottava ma non piangeva quasi mai.

Rivedo alcune foto di Mateito... Il suo volto sempre pallido...

Tre anni difficili. Ma sono stati tre anni di vita. Ogni istante approfittato. Con l’arrivo di Mateo abbiamo imparato ad affrontare il dolore difficile degli innocenti.

E ci siamo aperti ad accogliere il dolore di altri innocenti che probabilmente non impareranno mai a parlare, a camminare, a mangiare da soli.

Il silenzio di questi nostri bimbi ci tiene lontani dagli intrighi e ci salva spesso da un egoismo stupido.

Ed ora, quando cammineremo nella cittadella, e ci troveremo davanti ai fiori, davanti ai cipressi, alzeremo gli occhi al cielo, con un accenno di sorriso, e ringrazieremo per gli istanti eterni vissuti con i nostri bimbi “difficili”, ringrazieremo chi ci aiuta a non temere.









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