domenica 7 ottobre 2012

Sono fortunati, i nostri bimbi!

Nei giorni scorsi sono stato di nuovo a trovare il piccolo M. figlio di C., la mamma di cui ho parlato nell’aggiornamento del 16 maggio scorso, sulle rime della canzone: “Che dolceza ne la voze de me mama”. Sono stato nel centro dove lui è accolto da oltre 10 anni. Stava uscendo da scuola e ci siamo salutati un attimo. E’ facile riconoscerlo tra tutti per quei suoi caratteristici capelli rossi.

Mi viene sempre incontro con un gran sorriso, nonostante la sua timidezza. Questa volta c’era con lui un amichetto della scuola, A. Comincia il nostro breve dialogo: “Sai, M., finalmente sono riuscito a portare alcune foto tue a tua madre. Da tanto tempo me le aveva chieste e finalmente gliele ho fatte avere. Era molto contenta! Si è commossa.”

“Ed io potrò avere una foto sua? Io non la conosco... Lei non è mai venuta a trovarmi. Mi hanno detto che fa un lavoro che la tiene occupata sempre e che non le danno il permesso per venire qui.”

La domanda di M. mi prende di sorpresa.

“Non so se potrò portarti una foto di tua madre. Devi chiedere il permesso ai responsabili della tua casetta. Se loro sono contenti, io te la porto di sicuro!Ma, dimmi: in quanti siete in casa, in questo momento?”

Il centro dove vive M. si compone di una decina di casette-famiglia in cui i bambini sono accolti a seconda dell’età e sono curati da una famiglia o da una mamma sola. “Siamo in diciannove, contando la mamma, il papà e i loro due figli.”

Si tratta di un centro molto bello, che funziona da tanti anni e che si chiama con un nome simile al nostro: “Ciudad del niño”, ed è sostenuto dalla Diocesi di Bergamo. Lì sono ospitati e curati circa 130 bambini che vi rimangono sino ai 18 anni.

Ne approfitto per fare qualche domanda anche ad A. l’amico di M.

“E tu, ce hai la mamma?”
“Certo!”
“Dove vive?”
“Nel Chapare, nella zona tropicale.”
“Come si chiama?”
Si fa silenzio...
“Non lo so...”
“Ma sai almeno in che paesino vive?”
Di nuovo silenzio. “Non lo so...”
“Da quando sei qui?”
“Da quando è arrivato anche M.”
“Sei qui da solo o hai qualche fratellino?”
“C’è anche una mia sorella più grande, qui.”
“Bene, così vi fate compagnia. Sai, devi chiedere a tua sorella se si ricorda il nome del paese dove siete nati ed io ti prometto che vado a cercare tua madre e ti porto una foto sua. Sei contento?”
“Sí!”
“Bene, allora rimaniamo d’accordo così. Torno a trovarvi la prossima settimana. Fate i bravi e studiate.”
“Ciao!!!”

Un abbraccio e via di nuovo a casa, questa volta con un nodo in gola. M., A. e sua sorella non usciranno da quel centro che li accoglie con tanto affetto, ma non è la loro famiglia... Dovranno aspettare sino ai 18 anni per uscire... Non conoscono quasi niente della loro storia.

Non hanno mai visto la loro mamma e non sappiamo se avranno il permesso di vedere almeno le foto delle loro mamme. Certo, c’è chi li accoglie e li cura con amore, che non gli fa mancare niente, ma alla loro età non potranno mai essere adottati o essere affidati ad una famiglia. E poi non credo che sia facile vivere in 19 in una casetta... Altri 130 bambini vivono la stessa situazione nella “Ciudad del niño”. Certo, peggio sarebbe essere totalmente abbandonati, o venduti, o...

Ho fatto i conti: nella “Casa de los niños” e nella “Cittadella arcobaleno” vivono attualmente 173 bambini. Di questi bambini, 168 vivono in una famiglia, la propria o una famiglia di appoggio. Non sono le migliori famiglie del mondo, anzi, sono famiglie con tanti problemi, con tante storie difficili alle spalle che marcano il carattere dei figli.

Ma quasi tutti i nostri bimbi possono abbracciare ogni sera ed ogni mattina i loro genitori e non hanno bisogno di una foto per riconoscerli. E non dovranno aspettare sino ai 18 anni per andare alla ricerca della loro storia.

Sono fortunati, i nostri bimbi!

... scrivevamo un mese fa:

La casa de los niños è uno spazio di intensa condivisione con bambini che hanno vissuto e che vivono condizioni di profonda debolezza. Si vive per loro e con loro durante le 24 ore del giorno.

Si fa tutto gratuitamente, sulla base della libera responsabilità e del forte impegno personale. Non c’è nessun obbligo! C’è una sola regola: quella di amare sempre, fino al limite delle proprie forze.

Sono sempre pochi i bimbi nella casa proprio perché ognuno richiede una cura e un’attenzione speciale e totale.

Cerchiamo di non farci prendere dai sentimentalismi per poter aprire insieme il cuore e la mente alla scoperta del bene più profondo e più vero per ognuno dei nostri bambini, non solo per i più carini.

Ci ripetiamo spesso che i nostri bimbi devono fermarsi per poco tempo nella nostra casa. Noi ci prendiamo l’impegno di accompagnarli verso una sistemazione che dovrebbe essere la migliore possibile. L’immagine che riflette la nostra esperienza è quella del prendere per mano un bambino ed avviarsi insieme su un percorso comune. In quelle mani che si stringono passa il calore della vita e la linfa del destino comune. Ma noi abbiamo la fortuna che le nostre mani sono tante e quindi c’è una forza grande che ci unisce con i bambini. Quando ci sono le condizioni, la cosa migliore è la reinserzione dei bimbi nella propria famiglia di origine. In altre condizioni, cerchiamo famiglie di appoggio e famiglie o persone disponibili per l’adozione. Il nostro agire va anche in questa direzione, quella di creare atteggiamenti di simpatia verso ognuno dei nostri bimbi in tutti quelli che regolarmente o sporadicamente vengono a trovarci.

Noi amiamo profondamente ognuno dei nostri bambini. Ci affezioniamo profondamente a ognuno di loro, senza nascondere, magari, qualche preferenza. E’ chiaro, però, che ognuno deve ricevere con intelligenza le stesse premure e lo stesso riguardo.

Dobbiamo sognare per ognuno dei nostri bimbi il momento del distacco, il momento, cioè, in cui sono date le condizioni per il loro “prendere il largo dalla casa”. Deve venire questo momento!

E’ quasi paradossale: più ci affezioniamo ai bimbi, più impariamo a desiderare per loro una famiglia all’esterno della casa de los niños.

Quando un bimbo si stacca dalle nostre mani, si sperimenta un grande vuoto nella casa (ed anche nel nostro cuore!). Ma solo grazie a quel vuoto la casa può attirare a sé un’altra esperienza di debolezza .

Riassumiamo e ripetiamo: noi crediamo, per l’esperienza fatta sinora, che il vivere nella casa de los niños, il condividere un pezzo della nostra storia con loro ci apre al contatto con tanti bimbi e prepara il nostro cuore al momento difficile del distacco.

E’ questo che dobbiamo desiderare per ognuno di loro per poter rinnovare continuamente l’esperienza della casa de los niños, esperienza di apertura e di condivisione del dolore e della debolezza dei piccoli, ma anche di raccolta nel cuore di ognuno di noi del tesoro e dei frutti preziosi dell’amore che abbiamo condiviso.

La casa de los niños è come un cuore che palpita senza sosta e che spinge il sangue purificato fuori da sé.

Impariamo ad amare profondamente ogni bimbo per poter sognare per ogni bimbo una famiglia che l’ami profondamente come noi e certamente più di noi.

... ed è così che nei giorni scorsi hanno “preso il largo” Mariano, Arisito, Dennis, Gianluca e la sorellina Karen.

Durante i fine settimana, Jacky, Juancito e Mateito si trasferiscono presso famiglie della nostra cittadella. Probabilmente, presto, tutti e tre saranno adottati da quelle stesse famiglie. Lo stesso varrà per Nicol appena torna dal Brasile. Un passo importante di maturità e responsabilità per le nostre famiglie, sempre tanto sofferte, in certi aspetti della loro storia.

Ringraziamo per loro la casa de los niños, questa casa de los niños che ha un’anima che è sparsa in tanti piccoli angoli del mondo!

La nostra casa si riempie e si svuota, proprio come il cuore. Ripeto: è duro veder partire i nostri bimbi, è difficile staccarsi da loro. Ma solo così palpita la vita.

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