martedì 1 settembre 2009

Ancora sulle case ...

Continuo il discorso di ieri con qualche linea ancora a proposito di case.

Marcela è una delle ragazze della Comunità che da più tempo lavora con noi. Non solo lavora, visto che è assistente sociale e con la sua professione ce n’ha da fare qui da noi, ma soprattutto fin dall’inizio aderisce pienamente con la sua vita alla storia dei nostri bimbi, delle nostre casette e del nostro villaggio. In questi ultimi mesi la sua famiglia ha vissuto una spiacevole disavventura di cui noi siamo partecipi.

Riassumo un po’ la vicenda. Per motivi inspiegabili, un avvocato e un giudice corrotti sono riusciti ad impossessarsi “legalmente”! della casa in cui Marcela e la sua famiglia vivevano da sempre, nella periferia sud della città, al lato opposto di dove viviamo noi. Una casetta umile, ma era loro, in cui vivevano vari bimbi e i genitori anziani. Nel giro di poche ore tutti i membri sono stati trascinati fuori di casa da una schiera di poliziotti pagati e senza scupoli. E non si poteva fare niente: un’impotenza assoluta. Meno male che lì vicino c’erano alcuni ambienti in disuso e così hanno potuto trasferirsi temporaneamente in stanze senza nè luce nè acqua, appoggiati dall’affetto dei vicini, pure loro increduli davanti a tale assurdità legale.

Quando l’abbiamo saputo, pure noi abbiamo cercato di darci da fare. Siamo andati da avvocati e da giudici più puliti; siamo andati dalla polizia; abbiamo elevato un muro di protezione per poter difendere il diritto della famiglia, ma non c’è stato quasi niente da fare. A quel punto abbiamo offerto una delle nuove casette del nostro villaggio, pulita a lucido dai nostri bimbi e ragazzi. Ma questa ci sembrava una soluzione che non risolveva la evidente ingiustizia di cui era vittima la famiglia di Marcela. Basta immaginare l’assurdità di questa faccenda: vivi da 50 anni nella tua casa e improvvisamente devi sloggiare perché qualche malvivente ne ha preso possesso legale.

La mattina prima del ferragosto ci hanno avvisati che era arrivata una ruspa per demolire la casa e il muro di protezione da noi costruito. La mamma di Marcela chiama per telefono disperata: “Cosa possiamo fare? Hanno distrutto tutto: dateci una mano!”. Ma come?

A quel punto prendiamo una decisione: andiamo a metterci davanti alla casa con tutti i bimbi del villaggio, che sono compagni di scuola dei nipotini di Marcela, per protestare pubblicamente contro questa ingiustizia. Chiamiamo la televisione, che ci conosce, e denunciamo questo misfatto. E vedremo se la polizia viene a mandarci via. Andiamo a protestare in modo pacifico ma deciso! Nessuno ci fermerà. Non può mica sempre vincere il male sul bene! Questo è il nostro motto: il bene deve trionfare sull’ingiustizia.

Quello stesso giorno è in visita da noi un sacerdote che lavora a Roma, come responsabile mondiale dei gruppi dell’infanzia missionaria (e dei giovani). Lo coinvolgiamo e lo invitiamo a celebrare messa in strada, davanti alla casa, e ce ne sbafiamo della polizia che potrà venire a darci fastidio. Lui ci dice che lo farà volentieri: ci confessa che queste cose le ha viste solo nei documentari sul Brasile!

E’ mezzogiorno. Facciamo uscire in anticipo i bimbi da scuola. Le nostre mamme porteranno il pranzo che hanno preparato, come ogni giorno, sul luogo dove ci stiamo trasferendo, con una gazzarra incredibile, nei taxi ricolmi dei nostri piccoli. Per i bimbi si tratta di un’avventura piacevolissima che chiedono poter ripetere anche nei giorni successivi!

Arriviamo sul posto e la polizia se ne è andata perché i vicini si sono dati da fare nel difendere la proprietà. Loro stessi ci accolgono con tanto calore e simpatia, offrendo bibite fresche. Ci installiamo con tende in mezzo alla strada e aspettiamo la televisione e le mosse della polizia. I bimbi, intanto, vanno a giocare con le loro maestre in un parco lì vicino. Dopo poco arrivano le nostre mamme e si improvvisa il pranzo. Prepariamo per la messa e spieghiamo ai bimbi il senso della nostra protesta. Loro capiscono subito che non si tratta di far guerra a nessuno, ma che è necessario opporsi con modi non violenti contro chi vuol far prevalere il male sul bene, l’ingiustizia sulla verità.

E’ molto emozionante la messa celebrata in strada con immagini tipiche della fede popolare di qui, in presenza di bimbi, di vicini e di persone vittime della corruzione pubblica. Siamo tutti uniti a cercare una soluzione di bene, sotto il segno della nostra casetta che vuole essere una casetta di pace, protetta dall’arcobaleno dell’amore. Difatti la scuola del nostro villaggio si chiama proprio “Arcobaleno di Pace”. E i nostri bimbi devono essere educati alla pace, alla verità e alla giustizia. Il sacerdote è italiano ma riesce a spiegarsi benissimo. Prima della fine della messa, arriva pure la televisione. Parliamo a ruota libera, in dialogo con i bimbi che sanno spiegare bene il senso del nostro stare lì. Si vedrà poi in televisione l’immagine del piccolo Edson con le mani giunte, in prima fila.

E davanti alla televisione i bimbi fanno una promessa: quella casa che gente malvagia ha distrutto con ruspe in pochi minuti, noi la ricostruiremo in tre giorni, proprio durante i tre giorni che dura la festa di ferragosto qui da noi, approfittando che la polizia e gli avvocati saranno occupati, come tutti, nella festa da qualche altra parte. Vediamo un poliziotto passare di là per venire a filmarci, come per spaventarci, ma non ci fa paura. Ogni bimbo prende in mano un mattone e andiamo insieme a metterli sul posto dove ricostruiremo la casa distrutta. E il sacerdote benedice i bimbi e i mattoni. Si tratta di un gesto sacro e serio. In tre giorni ricostruiremo quella casa! Noi lo vogliamo e siamo sicuri che anche Dio lo vuole!

Chiamiamo infatti tutti i muratori che lavorano nel nostro villaggio e ci mettiamo subito all’opera: un camion di sabbia, uno di cemento, un altro di mattoni e ferro. L’acqua è lì sul posto. Sgombriamo le macerie e diamo il via alla ricostruzione. Proprio nel momento in cui la televisione fa le riprese, arrivano pure i nostri bimbi dell’altipiano, che avevamo invitato a passare alcuni giorni da noi durante le vacanze di ferragosto. Arrivano con i loro vestitini colorati, i loro berretti a punta e le loro faccine arrostite dal sole. Arrivano sul camioncino di Emilio, insieme al cemento. Vengono a darci man forte. I signori della tele non si raccapezzano più con tanto guazzabuglio ma stanno al nostro gioco.

E’ la forza dell’innocenza che ci spinge ad andare contro decisioni assurde e ci fa credere che prima o poi il bene deve trionfare.

A sera, i bimbi rientrano al villaggio, felici della loro avventura. Con alcuni adulti rimaniamo sino a tardi, per seguire i lavori e per pregare, lì per strada, e per incoraggiare i vicini e i familiari di Marcela. Fino a notte si lavorerà nei prossimi giorni. La polizia non interviene. Vengono, sì, dal Comune per dirci di interrompere i lavori, ma noi ce ne freghiamo.

Dopo tre giorni, le pareti della casetta sono tutte in piedi di nuovo, e pure il tetto. L’avevamo detto e l’abbiamo fatto. Ciò che il male distrugge, il bene lo può ricostruire, se lo si fa insieme, credendoci. La famiglia di Marcela è ritornata in possesso della propria casa grazia alla forza e all’innocenza dei nostri bimbi. Son passati 15 giorni e gli avvocati e giudici tacciono, la polizia non si è fatta viva.

Le prossime mosse non le sappiamo, ma l’abbiamo detto e promesso ai nostri bimbi. Se qualcuno distrugge la casa, noi andiamo a ricostruirla perché crediamo che è giusto così, e la nostra unica forza è quella della verità e del bene, quella dei sogni pazzi realizzati!

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