lunedì 23 dicembre 2013

Il Natale visto con gli occhi del cuore

Ho appena letto questo articoletto sul giornale di oggi, in internet:

“In vista del Natale il Papa ha quindi rivolto un appello a "tutti - persone, autorità ed enti impegnati nel sociale", "a fare di tutto" affinché "ogni famiglia possa avere una casa". Papa Bergoglio ha poi ricordato che "famiglia e casa vanno insieme", spiegando che "è tanto difficile portare avanti una famiglia senza abitare in una casa". "I poveri non possono aspettare - ha ammonito -. Gesù è nato in una stalla, non è nato in una casa. Dopo è dovuto fuggire e andare in Egitto, alla fine è tornato a Nazareth. E io penso oggi a tante famiglie senza casa, sia perchè mai l'hanno avuta sia perchè l'hanno persa per tanti motivi".

Così mi è venuto di pensare che la nostra Cittadella Arcobaleno è nata per dare una casa a chi non ce l’aveva proprio con questo spirito: “è difficile portare avanti una famiglia senza abitare in una casa”, quasi con le stesse parole me lo ripeteva la Luciana, i primi tempi! A dire il vero, con il passare degli anni, ci siamo accorti che la nostra Cittadella è nata soprattutto per dare l’opportunità a tanti bimbi di vivere non in una stalla, non in una stanzetta umile e fredda, ma in una famiglia e la famiglia degnamente in una casa. In questo momento vivono 220 bambini nella nostra Cittadella e 219 di loro vivono accolti in una famiglia, nelle 83 famiglie della Cittadella Arcobaleno. Per questo mi permetto, con rispetto, di rileggere così questo appello: “I bimbi non possono aspettare. Ogni bambino ha diritto a vivere in una famiglia, anche se è povera, anche se non è la migliore, anche se non è la più perfetta. Per questo noi pensiamo oggi a tanti bimbi senza famiglia che l’hanno persa per tanti motivi”.

Oggi è il compleanno di David: compie 9 anni. Lui è ammalato. Lui è stato abbandonato dalla sua famiglia. Ma lui ha oggi la sua famiglia che siamo noi tutti. Per questo lui è sempre felice anche se non parla, anche se si muove su una seggiola a rotelle, anche se devi aiutarlo a mangiare e a vestirsi. Nel suo lettino, al mattino quando si sveglia, ti accoglie sempre con un sorriso che rappresenta il suo ringraziamento per chi ha la fortuna di aiutarlo a sollevarsi dal letto. Ogni mattina è Natale per lui e per noi perché si rinnova l’incanto della gioia, dell’incontro e dell’accoglienza.

Doña A vive in una casetta della nostra Cittadella. Ha tre figli. Il marito da anni è alcolizzato. Alle 9 del mattino già non si regge in piedi. Ma non c’è modo per convincerlo a curarsi. Non gliene vogliamo per questo. Doña A deve mantenere la famiglia lavorando sino a sera facendo le pulizie in varie case della città. Guadagna il minimo per andare avanti con i suoi figli. La vediamo uscire presto al mattino, di corsa, con il suo volto sereno, nonostante la pena nel cuore. Un mese fa, la giudice dei minorenni ha affidato a lei e alla sua famiglia il nostro bimbo Jhon Ademar. Pochi lo conoscono. Jhon Ademar ha appena compiuto 5 anni; è arrivato da noi all’inizio dell’anno, proveniente da un altro Centro in cui era relegato tutto il giorno in un letto. Lui ha una paralisi dovuta probabilmente a denutrizione precoce, a una gestazione difficile e a poca stimolazione. Non sappiamo niente della sua famiglia biologica. Il bimbo vive in una carrozzina, non parla, non cammina, ma va all’asilo e gli piace tanto la musica. E’ capriccioso, ma ha un volto bellissimo, con un sorriso che ti conquista. La nostra fisioterapista dice che in pochi mesi ha fatto molti progressi. Lo vedi felice scarrozzare per la cittadella guidato dalle sue sorelline, scuotendo la testa e muovendo le sue flaccide manine. Non c’è pena per lui ma profonda simpatia e affetto. Vive in una famiglia povera che l’ha accolto di comun accordo, che ha aperto la porta della propria casa, e soprattutto del proprio cuore scegliendolo come figlio e fratello. Tra due giorni festeggerà il suo primo Natale con i suoi fratelli e la sua mamma. Che abbraccio bello!

Doña B non ha ancora 30 anni, ma già 5 figli. Una storia difficile alle spalle. Anche lei vive qui con noi. Ha avuto problemi con il marito che se n’è andato di casa due anni fa. E’ giovane e sta cercando di rifarsi una vita, con fatica e magari a tentoni. Anche a lei, insieme ai suoi figli, la giudice dei minorenni ha affidato la nostra Jacky. Tanti conoscono Jacky che ora ha 15 anni. Ha un problema alla vista, una emiparesi che non le permette il controllo della parte destra degli arti. Ha un ritardo mentale, non sa leggere nè scrivere, ma è una ragazzina dal cuore d’oro che vive di slanci e di abbracci. Che sarà della sua famiglia? Sappiamo ben poco... Jacky vive con noi da oltre 4 anni, ma ora ha spiccato il volo e si è riconquistata una famiglia propria che le vuole bene e che l’ha accolta con affetto sincero. Se uno entra nella sua nuova casa, troverà senza dubbio un caos impressionante: troppi figli piccoli in così poco spazio! Tanti vestiti da lavare e tanti piatti da mettere in ordine! Ma è stato fatto uno spazio per lei in quel caos. Questo vale agli occhi del cuore.

Anche Doña C vive con i suoi figli nella nostra Cittadella. Ha avuto un problema con la giustizia ed è stata condannata a 10 anni di carcere. Noi l’abbiamo conosciuta lì, in carcere, insieme ai suoi 4 figli. Il marito è profugo della giustizia per gli stessi motivi. Scontata la pena, doña C ha chiesto di essere accolta qui da noi. Avevamo spazio e le abbiamo dato una casa, 3 anni fa, senza fare ragionamenti. Doña C fa adesso l’operaia perché è lei che deve mantenere la sua famiglia. Ma insieme ai suoi figli ha scelto liberamente di accogliere nella sua casa la nostra frugoletta Nicol. Anche loro hanno trovato il modo di fare spazio a Nicol che ora ha 4 anni ed è portatrice del sindrome Down: un angioletto di simpatia sempre in movimento, che mette sottosopra tutto quello che la circonda. Nicol, come ricordiamo, è stata da poco operata al cuore, ed ora sta bene. La giustizia boliviana non permette l’affido di minorenni a chi ha avuto problemi con la giustizia, ma noi stiamo appoggiando e sostenendo con tutte le nostre forze la domanda di affido di Nicol perché tutti abbiamo il diritto a una nuova opportunità, il diritto e il dovere di poterci rifare la vita nonostante i nostri errori. La giudice dei minorenni deciderà nei prossimi giorni sull’ affido di Nicol alla famiglia di doña C, ma noi siamo fiduciosi: la giustizia dell’amore è più forte e più vera!

Non c’è tempo di entrare nelle case di tutti, ma come sappiamo o non sappiamo ancora, in questi ultimi mesi anche il piccolo Gianluca, Karen, Dennis, Maité, Jesús, Josué, Jade, David e Juansito sono stati affidati ad altre famiglie, ad altre persone legate alla nostra Cittadella.

... Natale è l’occasione per rivedere la nostra storia, il nostro camminare di questi anni, il nostro sogno comune, nell’ ottica delle parole del Papa riportate all’ inizio. Abbiamo offerto insieme una casa a tante famiglie povere o con storie travagliate alle spalle. Non le migliori famiglie, non le più perfette, come del resto non sono perfette le nostre case. L’abbiamo fatto con tanta ingenuità e poca esperienza. Un cammino intrapreso insieme (penso con riconoscenza a voi, amici/amiche dell’Italia, della Bolivia e delle altre parti del mondo!) con impegno, generosità, rinunce e sforzo silenzioso, insieme all’ immensità dell’affetto e della simpatia.

Ma chiudiamo gli occhi e spalanchiamo il cuore, e facciamo oggi lo sforzo di immaginare questi nostri bimbi (e non solo quelli citati qui sopra, ma anche le altre centinaia di bimbi/e della nostra estesa famiglia) che si sveglieranno il giorno di Natale in una casa, e per tutti loro ci sarà preparato un regalino di Natale, ma soprattutto che hanno ricevuto il regalo di una famiglia.

Ce ne rendiamo conto? L’essenziale non si vede con gli occhi, ma col cuore.

Auguri di cuore, David!

E con questo messaggio, ne approfittiamo per fare a tutti i nostri auguri di Buon Natale.


mercoledì 13 novembre 2013

Lo sguardo oltre la finestra

Colgo un piccolo spiraglio tra le tende della finestra che permette intravvedere la luce del giorno che invita ormai la penombra della sera... Disteso nella stanza dei bimbi lo sguardo spazia oltre quel piccolo pezzo di cielo che mi è concesso scoprire.

Sono le sei del pomeriggio. E’ l’ora della preghiera. Una preghiera personale, necessaria ed umile, rubata spesso al ritmo intenso che richiede l’attenzione quotidiana per i bimbi insieme al pensiero e alla preoccupata speranza per il loro futuro. Non è la preghiera dei forti, dei bravi, ma di chi si rende conto che da soli non ce la facciamo, di chi sperimenta la reale e sincera necessità di essere aiutato.

Mi accompagna, come sempre a quest’ora, il piccolo Juan, Juansito del Cielo, adagiato sul mio petto, con il torso e la testa sollevati per facilitare la respirazione. In genere, è questa per lui l’occasione di dormire un po’, prima della cena. Difatti, accarezzare dolcemente il suo volto lo tranquillizza e l’invita al sonno nella momentanea quiete della stanza dei bimbi.

Un pezzetto di cielo dietro le tende e Juansito del Cielo appoggiato sul petto...
Mi colpisce, stasera, lo svolgersi di questo sereno e semplice momento.
E mi permetto comunicare questa sensazione.

Oggi è il compleanno 87 della mia mamma, Mirella, il secondo che lei passa in Cielo... Me lo illumina e suggerisce quel piccolo spiraglio che si fa luce tra le tende...

Ho pensato e immaginato spesso, ingenuamente, come avrà trascorso questi due anni...
Che mistero di gioia e di scoperta senza fine! Di incontri rinnovati e di sorprese continue! Di lode e di ringraziamento eterni.
Rivedo gli ultimi mesi trascorsi con lei, mesi belli e profondi, necessari ed umili, come la preghiera quotidiana al crepuscolo.

E’ lo stesso scorrere di preghiera, la stessa ora, le sei del pomeriggio, quando ci sedevamo con la mamma di fronte alla finestra del salotto di casa, su, al nostro paese di Toano, e recitavamo con calma il Rosario, prima del riposo notturno.

Un momento sacro, nella sua quotidiana normalità.

E’ come se si ripetesse la stessa scena: allora, con una mamma ottantenne ammalata, con l’esperienza feconda e forte di una vita consegnata intensamente nel piccolo spazio della sua famiglia, una vita donata nell’impegno silenzioso che fa grande ogni mamma.

Oggi, con un bimbo di un anno e mezzo che lotta e strappa ogni istante a una situazione difficile in cui l’ha innestato il mistero della vita, una storia di cui è protagonista inerme e che l’immobilizza e lo rende dipendente in tutto, lui, abbandonato proprio dalla mamma. Ma allo stesso tempo bimbo impressionantemente bello e fortemente amato.

Oggi come allora: la preghiera del Rosario.
Oggi come allora: uno spiraglio di cielo nel silenzio della stanza, nello spazio personale di affidarsi oltre, di abbandono e di ricerca oltre, di sguardo umile in avanti e di sforzo per comunicare.
Rosario: una intonazione universale “povera” che si ripete fuori dal tempo e dal ragionamento. Ma anche il respiro e il battito si accompagnano dentro un corpo che vive.

Approfitto di questo respiro e di questa compagnia, stasera come allora, per ripercorrere la storia di amicizia con tanti, per affidare la storia, gli aneli, le inquietudini di tante persone care a una Mamma fedele che ci accompagna con la sua preghiera, per ricostruire nel silenzio i volti di questi incontri che hanno intessuto la mia vita e rimetterli ordinatamente dentro la cornice del cuore.

Quanta necessità sincera di ringraziare! Ed anche di chiedere scusa...

Il Rosario: suggerimento di una Mamma per noi suoi figli, preghiera inventata per avvicinare l’immensità del Cielo alla fragilità della terra, per riscoprire nell’universo il tessuto dell’amore, la preoccupazione profonda di una Madre per l’umanità intera con tutti i suoi limiti. Mi colpisce, stasera, questo intessersi di preghiera e vita, nella quiete e nel silenzio, come se dietro quel piccolo spiraglio di luce si potesse cogliere qualche bagliore della verità senza orizzonte che ci avvolge.

Passano in fretta gli istanti della preghiera, lo ripeto senza enfasi: necessaria ed umile.
Ringrazio la mamma Mirella e rinnovo gli auguri per lei, con una stretta al cuore.

E il crepuscolo avvolge ormai la stanza. Juansito del Cielo dorme ancora, sereno. La sua presenza mi accompagna e abbraccia dolcemente, mentre altrettanto dolcemente scorrono le carezze sul suo volto. Forse anche in questo ritrovo una similitudine con lo scorrere e rincorrersi della preghiera nel Rosario: come acqua benedetta che sgorga da un cielo vicino, appena dietro le tende della nostra stanza.

venerdì 20 settembre 2013

Ronald, 20 settembre 2013

Ripensando alle storie dei nostri bimbi...

“Doctor! Doctor!”
“Non sono il dottore, sono Ari!”
“Ari, Doctor!”

Non importa... Ronald imparerà piano piano a riconoscere ciascuno di noi: per lui qui siamo tutti o dottori o infermiere e stiamo qui in casa per rispettare i nostri turni di lavoro. Ha tre anni e solo da una settimana è stato trasferito alla nostra casetta. Ha passato quasi tutta la sua corta vita in ospedale. E’ piovuto improvvisamente nella nostra casetta perché non riuscivano più a controllarlo là dove era ospite. E’, difatti, un frugoletto che non sta fermo un attimo. Una trottola, una mitraglietta che spara domande a continuazione, una fonte inesauribile di trovate fantasiose. Ti scruta dal basso in alto alla ricerca di un consenso. E’ un bimbo bellissimo, che conquista tutti. In ospedale lo chiamano il biondino per via della sua carnagione chiara, per i suoi occhi quasi verdi e per le sfumature castane dei suoi capelli, cosa molto originale da queste parti. Ha uno sguardo che ti accalappia immediatamente per la serenità che sprigiona il suo volto. I suoi genitori, molto poveri, sono di una comunità campesina a oltre 4000 metri, per fortuna non molto lontana da Cochabamba. Sono già venuti un paio di volte a visitarlo e si vede che gli vogliono un sacco di bene.

Sei per strada, in ascensore, al supermercato o in qualsiasi altro posto e lui saluta tutti sorridente, e allora tutti gli si avvicinano e gli offrono dolci, frutta, biscotti, bibite... “Che bel bambino!”
E allora la nostra risposta risulta imprevista: “Ci scusi, ma Ronald non può mangiare niente. Grazie comunque.”

Fin da piccolo, Ronald soffre di grave e congenita stenosi esofagica, ciò che vuol dire che è costretto a mangiare e a bere attraverso un bottone gastrico perché il canale che collega la bocca allo stomaco è praticamente chiuso, passa solo la saliva. Noi, prima, non ne sapevamo niente di questa malattia. Ora ci troviamo con questo angioletto che passa 6 ore al giorno disteso in un lettino, con la pancia all’aria, sforacchiata da una sonda da cui scende lentamente il cibo trasformato in gocce dense e preziose che si trasformano in vita. Mangia, infatti, sei volte al giorno ed ogni volta il processo è necessariamente lento.

“Doctor, è pronta la mia pappina?”. “Non sono il dottore. Manca poco; sdraiati; tira su la maglietta e apri il bottone!”.

Ronald è più sciolto di noi che stiamo apprendendo con timore questo rito che inizia alle sei del mattino e si chiude con il bacio della buona notte alle 10 di sera: “Giú il pigiamino e chiudi il bottone: a dormire!”.

Sembra un gioco, ci sembra di essere tornati bambini e di aver sotto mano un bambolotto... Ma si capisce che non è affatto così... Si corre soprattutto il rischio di trasmettere infezioni, se non si fanno le cose bene.

Ora che Ronald sta bene ed ha acquistato un peso corporeo corretto, è pronto per essere operato. Ha bisogno di una protesi all’esofago che gli permetta mangiare come tutti noi, attraverso la bocca. Stiamo cercando un ospedale in Argentina che ci garantisca un risultato otimale. In Bolivia non c’è l’esperienza medica sufficente. Non importa quanto si spenda. Abbiamo già iniziato le pratiche e preso i contatti. Uno di noi l’accompagnerà per il tempo che sia necessario. I genitori sono d’accordo.

Ronald è un bimbo che non ha mai provato il gusto di una caramella... Quando era neonato, prendeva il latte, ma subito lo vomitava, per questo i genitori sono dovuti ricorrere ai medici fin dai primi giorni.

Ronald non ha mai assaggiato una coscia di pollo, nè una bistecca. Non sente il gusto della pappina che ogni giorno gli prepariamo seguendo le istruzioni dei medici, ma si rende conto benissimo quando è il momento di prenderla ed è lui stesso che ci avvisa.

Ci diceva l’altro giorno una mamma, scherzando: “Ci sarebbe un certo vantaggio con questo bottone nello stomaco, collegato a una sonda di alimentazione: si eviterebbero i capricci di mio figlio quando non vuole mangiare!” E’ senza dubbio l’aspetto positivo della faccenda dalla prospettiva di una mamma preoccupata.

...Sono quasi le 7 del mattino. Ronald sta facendo colazione mentre dorme. E’ un altro vantaggio.

E domani è il suo compleanno. Non ci sarà la torta per lui, ma non se ne fa un problema. Vuole che gli regaliamo una mucca! Chiaro: una mucca di gomma, quelle su cui si può saltare.

Troverà la sua mucca al risveglio. E i nostri sguardi timorosi. Sarà un compleanno bello, pieno di tante speranze per questo nostro nuovo bimbo piovuto dal cielo.


sabato 24 agosto 2013

28 agosto: serata di beneficenza alla festa del PD di Roteglia

Come tutti gli anni all'interno il PD di Roteglia in occasione della festa dell'Unità organizza una serata di solidarietà per la nostra associazione.

La serata quest'anno riserva una gradita sorpresa col teatro dialettale di Antonio Guidetti.

Inutile dire che più siamo e più contiamo ... via aspettiamo



mercoledì 5 giugno 2013

Auguri, carissimo Juansito del Cielo!

Carissimo Juansito!

Sono qui davanti al computer che rileggo il tuo messaggio del mese scorso, quello del primo maggio. A dire il vero, tutti sanno che quel messaggio l’ho scritto io, contemplandoti disteso sul lettino dove cambiamo i pannolini ai nostri bimbi, e cercando di immedesimarmi con te e di indovinare i tuoi pensieri, inventandomi voli e sogni da comunicare poi attraverso queste pagine.

Che importa chi l’ha scritto! Importa che siamo insieme da quasi un anno, da quel 8 giugno del 2012 quando, inaspettatamente, i Servizi Sociali (tristemente famosi in questi giorni!) ci chiesero di accoglierti perché bambini come te difficilmente sono accolti in altri Centri, e che da allora le nostre giornate sono piene della tua presenza perché tu hai bisogno di tutto e tutti noi, senza quasi accorgercene, ci siamo ritrovati spontaneamente a fare i turni per muoverci in ogni istante attorno a te proprio perché tu dipendi in tutto da chi ti sta accanto e noi non ti possiamo lasciar solo neppure un istante. La debolezza, nella Casa de los Niños, e probabilmente nel cuore di ogni persona, si trasforma in una calamita di affetto, attenzione, tenerezza, bontà, anelo, speranza e impegno. Ed anche di tanta preoccupazione.

Non è che sappiamo come si fa per stare accanto a te, per aiutarti, per cogliere quello di cui tu hai bisogno.

Oggi compi 15 mesi, piccolo Juansito del Cielo! Auguri!

L’altro giorno, un medico, - benedetti questi medici che si mettono lì a decifrarci gli scarabocchi degli elettroencefalogrammi e le astruse immagini delle tomografie! – ci ha confessato che è un miracolo la tua vita, nel senso che è un miracolo ogni giorno in più di vita per te, con quel tuo cervellino così ridotto ai minimi termini. Quella mattina, rientrati a casa, mentre seduto in cucina cercavo di darti da mangiare, e tu piangevi sconsolato, ricordando le parole di questo medico, devo confessare che pure io mi sono messo a piangere, tanto non c’era nessuno attorno a rendersene conto. E’ che non capisco: Perché noi non riusciamo a frenare i tuoi pianti? Perché non riusciamo a interpretare i tuoi dolori per darti sollievo? Perché non basta la nostra buona volontà, non bastano le medicine, non basta il nostro sforzo costante per darti pace, per alleggerire il peso di una vita così difficile e dolorosa per te che hai solo 15 mesi di vita? Perché non bastano le nostre preghiere? ...

Forse c’è un segreto che non abbiamo ancora colto.

Sembrano un monologo questi messaggi. Abbiamo tanti bambini in casa e tutti vivono situazioni difficili, ma forse la situazione più complicata è proprio la tua e tu sei il più piccolino, il più indifeso... Non riesci neppure ad alzare le tue manine... E neppure ad aprirle... Sei stato molto male in questi ultimi due giorni: non riuscivi a dormire, facevi fatica a respirare e a mangiare. Piangevi sconsolato come in quei primi giorni, al tuo arrivo. Volevi solo essere tenuto in braccio. Ti calmavano almeno un poco le carezze. Siamo stati molto preoccupati.

Il nostro monologo nasce proprio da lì, da questo contemplare la tua vita, il tuo volto, i tuoi minimi accenni, la tua immobilità, i tuoi dolori, e dalla ricerca minuziosa del bene per te per riorientare i nostri pensieri, i nostri sentimenti e i nostri sforzi e le nostre preghiere. Va nella direzione di aiutarci a tener accesa, insieme, la speranza per la tua vita comunicando a tutti quello che abbiamo nel cuore. Difficile è interpretare i tuoi pensieri. Difficile è intuire i tuoi sogni. Difficile entrare nell’ottica dell’innocenza e dell’impotenza.

E’ altrettanto difficile riuscire a comunicare davvero quello che gira dentro la nostra mente.
Difficile spogliarsi di sicurezze. Allora, forse, non si tratta di un monologo ma di un invito pressante a far cerchio intorno a te affinché il calore dell’amore grande e condiviso tra tanti sciolga finalmente le tue crisi e asciughi le tue lacrime, spenga una volta per tutte le tue convulsioni e tu possa sperimentare questo disteso abbraccio materno che tanto sollievo ti dà e a cui vorresti riattaccarti con forza.

Carissimo Juansito del Cielo, auguri per questi 15 mesi, per il miracolo di ogni giorno in più.
E’ un giorno in più nostro. Condiviso. Conquistato, perché vissuto insieme con grande sforzo e determinazione.
Nei giorni scorsi, nonostante le tue crisi, abbiamo rivisto il tuo sorriso e non è più il primo, quello di un mese fa.
E siamo riusciti, in fretta, a filmarlo per cui ci viene da dire grazie perché ora siamo sicuri che è un regalo speciale per noi quel tuo sorriso: lì dietro c’è nascosto il tuo segreto di bimbo speciale, di bimbo davvero del Cielo.
Speriamo di raggiungere un giorno la semplicità e l’innocenza per potere cogliere questo segreto e poi condividerlo.

venerdì 24 maggio 2013

Una piccola nota per ringraziare tutti/e!

Giovedì mattina, 24 maggio.

In tanti mi avete scritto, chiamato, e sono sicuro che tutti mi/ci siete vicini.

Questo vale più di qualsiasi denuncia!

Certo, non si dorme molto, ma passerà anche questa.

Ieri, come anticipato, non mi sono presentato all'interrogatorio. Il mio avvocato era d'accordo con me. Mi arriverà nei prossimi giorni un avviso del Ministero Pubblico. Ma anche il quel caso, non mi presenterò.

Ieri sera ho mandato un paio di amiche a parlare con il Direttore dei Servizi Sociali. Abbiamo chiesto che si ritiri la denuncia. Lui è d'accordo ma il suo avvocato no. Se non lo faranno, da lunedì cominciamo a fare scuola davanti ai Servizi Sociali, insieme a tutti i nostri bimbi e a tutte le nostre mamme, tutto ben organizzato!: non si può sporcare stupidamente la memoria di uno dei nostri piccoli!

L'abbiamo già fatto anni fa ed è stato un successone! Sarà divertente e molto istruttivo!

Chiederemo le dimissioni del Direttore! Ed anche del suo inetto avvocato.

Il Direttore ha un figlio piccolo ammalato di diabete. Le medicine smesse di mia madre, che aveva la stessa malattia e prendeva le stesse medicine, tramite mia sorella, le facemmo avere l'anno scorso per questo bambino ... Chissà perché la memoria è corta!

Come alcuni sanno, da alcuni mesi i Servizi Sociali hanno trasferito al nostro Centro una bimba cieca, Teresa. Non sappiamo bene la sua età, ma avrà 6, 7 anni. Teresa non vede, non parla e non cammina.

Noi abbiamo fatto delle analisi e l'abbiamo portata più volte da specialisti. Il risultato è che probabilmente Teresa riacquisterà parte della vista dell'occhio sinistro. Un passo importante per la sua salute e per la sua vita!

Stiamo, infatti, cercando una lente speciale da inserire sotto l'iride e poi si farà l'operazione. Qui è ancora di notte e Teresità è di là sveglia, nel suo lettino: lei non dorme molto di notte. è stata per tutta la sua breve vita in un Centro la cui direzione dipende direttamente dai Servizi Sociali, quegli stessi Servizi Sociali che nella loro denuncia affermano e sottolineano che è loro dovere tutelare in ogni momento la salute dei bambini orfani o abbandonati. In 6 anni non si sono mai accorti che Teresita potrebbe vedere? Cosa facevano per lei in ogni momento?

E quando vedrà, noi siamo sicuri che Teresita potrà pure camminare. E magari dormirà meglio di notte. E forse anche noi!

Siamo profondamente arrabbiati, ma non nutriamo cattiveria contro nessuno.

Ringrazio di cuore!

mercoledì 22 maggio 2013

Da non credere!

Chi conosce dall’inizio la nostra storia conosce anche le difficoltà che abbiamo vissuto in momenti bui, con indagini, processi, minacce e accuse assurde da parte di chi ci vendette il terreno su cui abbiamo costruito la nostra cittadella e il nostro centro. Volevano soldi, volevano distruggerci, volevano toglierci un sogno.

Finalmente, nei giorni scorsi, si è conclusa la faccenda dell’acquisto del terreno e si sono firmate le condizioni definitive della vendita con le Suore, che ci hanno pure restituito i soldi delle spese giudiziarie che abbiamo dovuto sostenere negli anni scorsi. Ripeto: anni duri e difficili. Ma tutto è andato a buon fine. Abbiamo resistito, come ci aveva incoraggiato più di un amico!

Ma questo pomeriggio, improvvisamente, un altro secchio d’acqua gelata ci è piovuto addosso.

Infatti, i Servizi Sociali di Cochabamba hanno aperto contro di me un’indagine per delitto colposo in merito alla morte del piccolo Mateo, accaduta l’11 marzo e di cui abbiamo riferito nei nostri messaggi di quei giorni.

Veramente da non credere!

Quando nel marzo del 2010 gli stessi Servizi Sociali ci affidarano Mateito, di due mesi, abbandonato dalla madre nell’ospedale pubblico, ci avvisarono che non c’erano molte speranze di vita per lui vista la gravità della sua situazione di salute. Pensavano quello che pensano sempre: che non avrebbe resistito oltre le due settimane!

Noi non facciamo miracoli, cerchiamo semplicemente di essere vicini ai bimbi, con affetto, con disponibilità, impegno e con quel poco che sappiamo di tutto il resto. Ma Mateo ha vissuto tre anni, e li vissuti bene quei tre anni, circondato dall’amore di tutti. In questi tre anni, i Servizi Sociali di Cochabamba non si sono mai interessati di Mateo, e lo capiamo, con tanti bimbi che hanno da seguire. Ma ci sembra assurdo che ci accusino di omicidio colposo per non aver curato dovutamente uno dei nostri bimbi più ammalato e più amato.

L’abbiamo seguito giorno e notte, grazie soprattutto alla dedizione delle nostre mamme.

Era un bimbo privilegiato per noi! E per tutti gli altri bimbi della cittadella!

Cosa ancor più assurda se si pensa che la settimana scorsa mi hanno chiamato dai Servizi Sociali per chiedermi se Mateo era ancora accolto nel nostro Centro perché si voleva iniziare per lui la pratica di affido. Io mi sono stupito. Noi abbiamo avvisato subito i Servizi Sociali al momento del suo decesso e abbiamo inviato una relazione di quanto era successo nelle ultime ore di vita, di come siamo stati con lui in ospedale sino a mezzanotte, di come l’abbiamo vegliato tutta la notte per la sua difficoltà respiratoria, e di come si è spento in silenzio alle 9 del mattino, quando gli altri bimbi finivano di fare colazione. Ho risposto al telefono titubante che, sì, Mateo era ancora nel nostro Centro, ma accolto dalla terra e protetto dai fiori freschi che le famiglie si incaricano di rinnovare ogni giorno.

Stupisce nella denuncia che i Servizi Sociali affermino che, come Istanza Governativa, hanno l’obbligo di velare in ogni momento per l’interesse superiore, i diritti e le garanzie costituzionali di ogni bambino!

Quando mai i Servizi Sociali ci hanno chiesto come stava Mateo le volte che venivano in ispezione al nostro Centro?

Cos’hanno velato? Che diritti superiori? Che garanzie?

E poi, perché non ci hanno avvisato che volevano un chiarimento ulteriore sulla situazione di salute di Mateo e sul suo decesso? E’ del primo aprile la denuncia nei miei confronti! Oltre un mese di silenzio e di accuse nascoste! Lavoriamo insieme con i Servizi Sociali, siamo in contatto costante, anche ieri ci hanno chiesto di ricevere una bimba con una grave malattia.

Perché improvvisamente arriva l’ordine dei presentarmi, domattina alle 10, davanti al Pubblico Ministero per offrire chiarimenti sul decesso di Mateito con la chiara sottolineatura della sanzione da 1 a 5 anni di carcere secondo l’articolo 260 del codice penale (Omicidio Colposo) per vulnerazione di doveri inerenti al carico professionale?

Veramente da non credere!

I nostri bimbi sono tutti bambini a rischio.

Quante ore dormiamo noi di notte? Chi veglia su di loro? Quante volte corriamo di notte all’ospedale?

Tutti ci conoscono e ci stimano nell’Ospedale Pubblico di Cochabamba. E’ logico: disturbiamo sempre con tanti bambini che abbiamo! Quasi 200!

Devo ammettere che mi sono molto arrabbiato questo pomeriggio negli uffici dei Servizi Sociali. Ho espresso chiaramente che questa denuncia è una “maldad”, non so come tradurre in italiano, una “cattiveria” pura e semplice! Premeditata e sporca!

Non ho intenzione di rispondere, domani, a nessun interrogatorio: non ne ho il tempo! Conosco questa trafila stupida e assurda.

E’ un’ingiuria al piccolo Mateo che riposa in pace nel giardino della cittadella.

E’ un’ingiuria per tutti i nostri bimbi che ci sono affidati da quegli stessi Servizi Sociali.

E’ un’ingiuria alla verità che è molto facile da scoprire quando si vive in mezzo ai piccoli, in mezzo ai deboli, in mezzo a chi soffre e non in mezzo alla scartoffie.

Non andrò a nessun interrogatorio. Che sia chiaro! Alle dieci del mattino è l'ora di cominciare a far da mangiare per i bimbi che rimangono a casa e non vanno a scuola.

lunedì 13 maggio 2013

Brayan e Nayeli

Sono passato quasi tre mesi dal giorno in cui abbiamo avuto l’incidente in Cile. Ieri abbiamo riconsegnato il pulmino alle suore che in febbraio ce l’avevano prestato per una settimana. Sembrava nuovo di fabbrica! E poi queste “sorelle” ci sorprendono sempre: siccome la nostra camionetta in questi giorni è dal meccanico, nel frattempo ci hanno prestato un’altra macchina che ci serve soprattutto per le necessità giornaliere della scuola.

Anche le persone lesionate nell’incidente sono quasi totalmente ristabilite.

Nessuna conseguenza a livello giudiziario.

Ogni tanto il pensiero ritorno a quel pomeriggio, quando stavamo per arrivare al mare, con l’ultimo gruppo dei bambini della nostra scuola, ed improvvisamente ci siamo trovati al bordo di un precipizio con il pulmino, tra l’altro nuovo, scaravoltato, con dentro 15 bambini. Siamo stati fortunati, molto fortunati.

Fortunati anche nei giorni successivi per la solidarietà che ci ha coinvolti a tutti i livelli, e i nostri bimbi hanno potuto dimenticare in fretta quei brutti e terribili istanti.

Ma ora è venuto il momento di cercare, in qualche modo, di restituire tanta generosità.

Alcune settimane fa, infatti, ci è stato comunicato che due bimbi di 4 anni, che frequentavano l’asilo della scuola che ci ospitava ogni volta che andavamo ad Arica, in Cile, lasciati soli nella cucina della scuola, improvvisamente si sono rovesciati addosso 25 litri di acqua bollente che serviva per la colazione di quel giorno. I due bimbi sono stati subito trasferiti in un aereo speciale, con prognosi molto riservata, nell’ ospedale per ustionati di Santiago, capitale del Cile, che dista più di duemila chilometri da Arica. Le ustioni sono dell’80% sul loro corpicino!

Anna e Sofia, due amiche di Reggio che sono state qui da noi per alcuni giorni e sono passate per Santiago, prima di rientrare in Italia hanno avuto modo di recarsi in quell’ospedale. Hanno intravisto i due bimbi attraverso le vetrate della degenza di terapia intensiva. Hanno pure avuto modo di parlare con le mamme dei due bimbi: Brayan, di origine peruviana e Nayeli, di origine boliviana. Infatti, la loro scuola, dove noi allogiavamo, è soprattutto per i bimbi delle famiglie dei lavoratori stagionali della Bolivia e del Perù che vanno in Cile per i raccolti agricoli. Famiglie povere, famiglie umili, costrette ad emigrare per sopravvivere. Anna e Sofia ci hanno comunicato la pena e il dolore di queste due mamme che hanno messo in comune con loro anche piccole necessità, come quella dei vestiti pesanti per gli altri loro figlioletti più piccoli visto che ora a Santiago incomincia il freddo dell’autunno e presto arriverà quello più duro ancora dell’inverno. Lì il clima non è come ad Arica dove fa sempre caldo. Anna e Sofia ci hanno lasciato i numeri di telefono delle due mamme che dovranno passare tanti mesi in quell’ospedale di Santiago così pure noi avremo modo di farci sentire personalmente.

Stasera, nella cittadella, ci siamo trovati con le nostre famiglie è abbiamo comunicato questa notizia. Ci siamo detti che noi siamo stati fortunati perché abbiamo goduto della generosità e premura degli amici cileni nel momento dell’incidente dei nostri figli, e che ora è il momento di fare qualcosa per le famiglie di questi due bambini che noi sentiamo come figli, pur senza conoscerli.

Nei prossimi giorni raccoglieremo le idee e analizzeremo le proposte per poi intraprendere qualche iniziativa concreta. Anche le nostre famiglie sono povere ed umili, ma sono pure generose. Una, infatti, è già venuta e ha messo a disposizione un piccolo risparmio da poter inviare in Cile.

Bolivia e Cile vivono un momento difficile e molto teso a livello di relazioni bilaterali.

Il Cile è un Paese molto ricco. La Bolivia, invece, è molto povera. Ma siamo Paesi vicini e fratelli! I nostri bimbi ne hanno fatto l’esperienza!

Noi vogliamo e possiamo vivere e testimoniare questa fraternità soprattutto in questi momenti di difficoltà.

Ogni sera, qui nella cittadella, preghiamo con insistenza per la salute di Brayan e Nayeli. Preghiamo per le loro famiglie.

Noi siamo fortunati perché viviamo in una comunità, una comunità grande che supera di lungo i confini della Bolivia e la necessità di uno è subito condivisa e superata grazie al contributo di tanti. L’abbraccio di una comunità è garanzia di sicurezza e protezione!

Oggi aggiungiamo alla lista delle nostre famiglie anche le famiglie di Brayan e Nayeli perché sono già entrate nel profondo del nostro cuore. E ci apriamo insieme alla speranza e al bene anche per loro, soprattutto per i loro piccoli innocenti e così provati.

mercoledì 1 maggio 2013

Il mio primo sorriso

Il mio primo sorriso “Sono qui sul letto in attesa che mi cambino il pannolino... Non mi sporco tanto, sono un bimbo bravo e non dò problemi in questo senso. Ci tengo ad essere ben pulito e in ordine. E tutti mi coccolano in questo senso.

La mia mamma, quando sono nato e vivevo con lei in strada, mi ha messo come nome Juansito e questo nome è rimasto anche qui, nella casa de los niños e con questo nome sono stato battezzato qualche mese fa anche se, a dire vero, tanti, qui, mi chiamano Buà o Kalén. Buà perché quando ero piccolino piangevo tanto e facevo una mescolina ripetendo sconsolato: Buà, buà! Adesso piango molto meno, ma mi è rimasto questo nomignolo, che è carino. Il nome Kalén è di una lingua indigena cilena e mi hanno spiegato che vuol dire: “Bimbo speciale, unico!”. Ed è vero: sono un bimbo speciale, unico. Sento che sono un bimbo speciale per tutti quelli che ho attorno.

...

Sono disteso e guardo il soffitto, ma so che più sopra c’è il cielo. Devo confessare che mi piacerebbe che mi chiamassero: Juansito del cielo perché mi sento come un regalo del cielo, come del resto lo sono tutti i bimbi. Non riesco a controllare i miei movimenti e le mie reazioni. Infatti, ho una malattia difficile, con un nome difficile: idranancefalìa. In poche parole, dalle spiegazioni dei medici che hanno analizzato la mia ecografia cerebrale, significa che ho un cervello molto ridotto che nuota in una vasta distesa di liquido. I medici sono bravi e mi hanno messo una valvola, sotto il cranio, proprio dietro l’orecchio destro, che aiuta a scaricare l’eccesso di questo liquido se no la mia testina crescerebbe fuori misura. Purtroppo, questa malattia mi provoca forti crisi epilettiche, che mi fanno tanto male, ma da quando sono andato al mare, ho notato un miglioramento e le scosse sono diminuite. Si vede che l’aria del mare mi ha fatto proprio bene. L’acqua dell’Oceano Pacifico è molto fredda ed io non la sopportavo proprio: mi dava i brividi. E così mi facevano bagni di sabbia. Quella sì che era bella caldina e tutto il mio corpo si rilassava. Mi piace tanto stare al caldo!

...

Dicono che in questi mesi sono migliorato tanto, ma io non so cosa voglia dire e rispetto a chi o a cosa sono migliorato. Io non ci vedo molto, ed ho l’esperienza di appena 14 mesi di vita, ma intuisco che gli altri bimbi a questa età incominciano a pronunciare le prime parole, a prendere in mano oggetti e persino a muovere i primi passi. Io non me ne faccio un problema se non parlo e se non riesco a muovermi . D’altra parte, io ci sento bene, anzi, mi spavento quando percepisco rumori dai toni troppo alti, come, per esempio, quando sbattono una porta, quando starnutiscono o quando si fa troppo chiasso. Non so perché, ma le mie manine non rispondono a stimoli e sono sempre rigide, lo stesso vale per le mie gambine. “Sono sintomi di chi è spastico”, dice la mia fisioterapista. Mi accorgo che a volte stringo con forza i vestiti di chi mi tiene in braccio. Mi piace molto stare in braccio: mi sento sicuro! Solo quando dormo percepisco i miei muscoli rilassati. Dicono che sono migliorato forse perché adesso riesco a fissare gli occhi in direzione delle voci che mi parlano o forse perché piango di meno. Ed è vero che faccio uno sforzo grande dentro di me per fare cose semplici: per reagire, per ascoltare e per prestare attenzione, e mi rendo conto che le persone attorno a me ne soffrono. E’ che la gente mi vuole bene e tiene accese tante speranze su di me. Ma io non so come, quando e in che misura potrò migliorare. In tutti i modi, questo non è un problema per me perché tutti fanno un grande tifo per me e nutrono una infinita fiducia nelle mie scarse possibilità. Lo ripeto: io mi sento sicuro e ben protetto!

...

Ho 4 dentini di sopra e due dentini e mezzo di sotto. Non è che mi servano molto perché riesco a deglutire solo pappine, ma esteticamente risaltano proprio bene nella mia bocchina di bimbo troppo bello. Mi hanno comprato persino uno spazzolino da dito e così luccicano sempre di bianco splendente i miei dentini. Ho sempre la bocca aperta come quella di un passerottino e così tutti possono ammirare i miei 6 dentini e mezzo.

...

Mi hanno regalato un libro e in ogni pagina posso ascoltare il cinguettìo di un uccello diverso. Mi diverto un sacco ad ascoltare questi suoni ma soprattutto mi piace da matti il cinguettìo dell’usignolo: è dolce. Mi hanno anche regalato un libro di fiabe ed ogni sera, prima di addormentarmi, mi leggono un racconto. Sto molto attento e faccio tesoro di ogni fiaba. Noi bimbi siamo come i protagonisti speciali di un infinito racconto di fiabe per le nostre famiglie. Alla fine del racconto, mi addormento sereno. L’altra sera, invece, mi sono addormentato mentre mi facevano il bagnetto. Disteso sull’acqua ben calda, sognavo di volare come un usignolo nel cielo azzurro, sulle casette della nostra cittadella, contemplando le corse e i giochi di tanti bimbi, e con gli occhi ancor chiusi mi è fiorito un sorriso sulle labbra. In questi 14 mesi di vita si tratta del mio primo sorriso. Poi mi sono svegliato e ho visto occhi di fronte a me che luccicavano di commozione e di gioia mentre braccia amiche mi sostenevano nell’acqua della vaschina. Qualcuno pensa che sia un miracolo. Forse. Ma era così bello volare!

Sogno spesso, ma non mi era mai capitato di volare, di sentirmi così bene, lassù nel cielo.
Mi piacerebbe davvero che mi chiamassero: Juansito del Cielo.”

lunedì 15 aprile 2013

Grazie di ... cuore

Grazie di... cuore

Ripenso a questi mesi di silenzio... perché faccio fatica a scrivere o a trovare il tempo per scrivere... in questi mesi. Ma mi capita tra occhi la foto di Orlando con Nicol e Kelly, nel nostro giardino, e un poco più il là foto del piccolo Gianluca in braccio a una mamma... E allora rubiamo un po’ di tempo al sonno.

Ripenso anche agli anni che sono trascorsi da quando abbiamo sfidato innocentemente le nostre poche forze, le nostre nulle risorse e la nostra inesperienza e ci siamo lanciati insieme al sogno della “Casa de los Niños”...

E viene veramente da dire: “Grazie di cuore, davvero, grazie di cuore a tutti!”

Lo ripeto spesso, ma credo che non ci stancheremo mai di ringraziare e di ringraziarci.

Orlando, Nicol, Kelly e Gianluca sommano insieme poco più di 9 anni. Non sappiamo perché ci siamo incrociati con le loro storie. Gocce d’acqua del piccolo ruscello della casa de los niños che a un certo punto si sono mescolate e hanno intrapreso un percorso comune. Un percorso non facile perché ci vuole tanta delicatezza per prendere in mano la storia di chi è piccolo e soffre: è come l’acqua del ruscello che scivola via dalle mani. Bisogna tenerle bene strette le mani!Il cuore ci sospingerebbe verso un risultato immediato, a vedere superata in poco tempo una situazione difficile di malattia. Ma il ruscello ha il suo ritmo, ha una sua pista, ha i suoi imprevisti. Allora si intraprende insieme il lento scorrere verso l’incertezza di sbocchi e di decisioni difficili.

Infatti, quanto tempo abbiamo impiegato prima di decidere quando, come, dove operare al cuore i tre piccoli della foto? A quante porte abbiamo bussato, quanti amici abbiamo coinvolto, quanti pareri ascoltato? Con questi bimbi abbiamo persino preso contatti in Brasile e con due di loro siamo volati sin lá. Ma anche in Brasile i medici hanno avuto timore. E’ tornata l’apprensione in noi: che decidere? Di chi fidarci? Ed è continuata l’attesa, lo scorrere lento del ruscello.

“Ma si tratta di bimbi in situazione delicata, dobbiamo accellerare i tempi!”, dicevamo tra di noi.

... Sono passati alcuni mesi e Orlando, Nicol e Kelly ora possono giocare come tutti gli altri bimbi, le gocce d’acqua della loro vita possono scorrere, rincorrersi, tuffarsi, mescolarsi senza timore come e con quelle di tutti gli altri bimbi che non sono nati con un grave problema al cuore. Loro non lo sanno, forse un giorno qualcuno glielo dirà che la loro vita era in pericolo. Forse oggi semplicemente si stupiscono perché, nonostante il sudore dei giochi, il loro corpo non li frena più come prima. E allora continuiamo a giocare! E poi potranno pure ritornare alla loro casa, tra le braccia di chi vuole loro bene, ma mai avrebbe trovato la strada per un difficile e costoso intervento. Si staccano dalla casa de los niños: il ruscello si divide in rivoli di acque serene che ritrovano il loro percorso naturale.

... Sono passati più di 4 mesi e il corpo del piccolo Gianluca non presenta sintomi della gravissima operazione all’intestino che ha dovuto subire in quella notte di panico per tutti noi che giravamo forsennati da un ospedale all’altro della città. Tra quattro giorni il bimbo compirà 10 mesi. E sarà una festa per lui senza ricordo, tutta proiettata in avanti perché le fresche gocce d’acqua di un ruscello non guardano indietro. E come potrebbere essere diversamente, con quei suoi occhi neri spalancati furbescamente al davanti a sé!

Ripenso alle nostre poche forze, alla nostra inesperienza, alla povertà delle nostre risorse, ma c’è qualcosa che ci tiene uniti, pur senza conoscerci, pur senza condividere la stessa casa, la stessa nazione, lo stesso credo. Ma se ci ripenso, credo che abbiamo un credo comune. Credo che siano l’amore e l’attrazione per la debolezza, per la verità, per i sogni a tutti i costi, per il lottare fino all’ultimo insieme, per mescolare le nostre acque senza timore di sporcarci, che ci spingono a gesti generosi, a un impegno forte, costante, al di fuori di qualsiasi calcolo, silenzioso ma comune. E viene un momento in cui, secondo le nostre forze, con libertà ci abbandoniamo allo scorrere sereno, o a volte burrascoso, del ruscello della casa de los niños. E succede che cuori di bimbi riprendono a battere con il ritmo della normalità.

E allora è davvero un grazie di ... cuore che, da questo angolo sperduto della Bolivia, vola staccando gocce di feconda riconoscenza su tante città dell’Italia, ma si stende anche sulla Svizzera, il Brasile, la Germania, l’Argentina, la Spagna, la Colombia, il Cile, gli Stati Uniti, la Francia e l’Olanda ...

E ci permettiamo di dire a tutti, ora che la nostra cittadella è completa, fiorita di case e di famiglie, che d’ora innanzi vorremmo dedicare il nostro impegno, le nostre energie e le nostre risorse soprattutto a sostenere senza posa e a preoccuparci di curare fino in fondo la debolezza e la malattia di tanti bimbi!





sabato 23 marzo 2013

il miglior papà di cochabamba

Carissimi

 vi inoltro il documento ufficiale col quale il Consiglio Comunale della città di Cochabamba ha consegnato ad Aristide l'onorificenza "dell'Ordine di Padre Antonio Berta", quale MIGLIORE PAPA' DI COCHABAMBA.

 Credo sia importante e motivo di orgoglio per tutti noi il fatto che venga riconosciuto, dalle autorità, Aristide come quella persona speciale che noi sappiamo essere e questo ci da una volta di più la consapevolezza che ciò che l'Associazione, con l'aiuto indispensabile di tutti voi, sta facendo è veramente parte di un meraviglioso sogno!!!!

un abbraccio Gianni




lunedì 18 marzo 2013

Mateito

Da stamattina il piccolo Mateo rimarrà per sempre qui con noi, nel giardinetto che circonda la nostra bella cappellina. I bimbi metteranno fiori, attorno, e una piantina di cipresso. La sua foto si aggiungerà alle altre foto di bimbi ed amici che già coronano l’altare della cappellina.

L’altro giorno, quando abbiamo letto il brano del Vangelo in cui Gesù dice ai familiari di una bimba appena morta: “Non abbiate timore, la bimba non è morta! Sta dormendo”, i nostri bimbi sono riusciti a capire che la partenza di Mateo non ci deve spaventare nè rattristare.

I bimbi ci insegnano ad andare oltre le apparenze. Infatti, tutti i bimbi ci dicevamo di far piano “perché Mateito sta dormendo!”.

Loro hanno conosciuto Mateo sempre su una carrozzina o in una culla. E l’hanno visto spesso mentre dormiva.

Proprio tre anni fa, a metà marzo, ci chiesero di accogliere un bimbo molto ammalato, che aveva solo un mese e mezzo di vita. Era pomeriggio inoltrato e noi chiamammo tutte le famiglie, in giardino, e condividemmo questa richiesta. Subito mamma Inés disse che lei era disposta a tenerlo, nonostante avesse altri 6 figli. E il giorno dopo, alle 7 di sera, Mateo entrò non nella casa de los niños, ma nella cittadella, nella casetta di Doña Inés, una delle nostre prime casette.

Un giorno importante perché quel giorno si realizzava uno dei nostri sogni: che le nostre famiglie, che avevano ricevuto tanto, scegliessero liberamente di aprirsi alle necessità di chi era meno fortunato di loro.

Mateo che era stato abbandonato in ospedale dalla propria mamma (non gliene facciamo una colpa, non sappiamo perché avrà preso questa decisione), ora ne trovava un’altra, anzi, ne trovava due perché, durante il lavoro di Inés, Mateo era accolto in un’altra famiglia vicina, quella di Marisol e Marco.

Poi, quando era in casa qui da noi, soprattutto di ritorno dall’ospedale, Giulia si era presa l’incarico di accudirlo. Non era facile dargli da mangiare. Ci voleva una pazienza enorme, ma soprattutto tanta delicatezza. Per questo che noi diciamo che la vita di Mateito scorreva nel silenzio, tra dolore e delicatezza. Nel riposo di una culla e nelle braccia di tante mamme.

Mateo, come David e come il piccolo Juan, soffriva di idrocefalia. Portava una valvola di derivazione, dalla testa allo stomaco. E spesso aveva forti convulsioni. All’inizio i medici ci dissero che poteva migliorare e si fece un’operazione che ci diede molte speranze. Ma non fu così. In ospedale, Mateo si prese la meningite.

Tante volte il bimbo è entrato in ospedale. E tutto il personale dell’ospedale conosceva Mateito e nutriva un affetto speciale per lui. Faceva fatica a respirare e a deglutire. Ma lottava perché aveva sperimentato l’amore di famiglie che gli volevano bene, nonostante i suoi gravi limiti fisici. Mateo lottava ma non piangeva quasi mai.

Rivedo alcune foto di Mateito... Il suo volto sempre pallido...

Tre anni difficili. Ma sono stati tre anni di vita. Ogni istante approfittato. Con l’arrivo di Mateo abbiamo imparato ad affrontare il dolore difficile degli innocenti.

E ci siamo aperti ad accogliere il dolore di altri innocenti che probabilmente non impareranno mai a parlare, a camminare, a mangiare da soli.

Il silenzio di questi nostri bimbi ci tiene lontani dagli intrighi e ci salva spesso da un egoismo stupido.

Ed ora, quando cammineremo nella cittadella, e ci troveremo davanti ai fiori, davanti ai cipressi, alzeremo gli occhi al cielo, con un accenno di sorriso, e ringrazieremo per gli istanti eterni vissuti con i nostri bimbi “difficili”, ringrazieremo chi ci aiuta a non temere.









lunedì 11 marzo 2013

Mateo è volato in cielo

Casa de los niños, 11 marzo 2013

Carissimi, carissime!

Stamattina, è volato in cielo il piccolo Mateo che tanti di voi hanno conosciuto ed amato.

Negli ultimi giorni era stato ricoverato in ospedale per il suo grave problema ai polmoni. Mercoledì era tornato a casa.

Ieri sera l'abbiamo portato di nuovo in ospedale ma ormai si poteva fare ben poco per lui, così abbiamo preferito che tornasse da noi.

Ha dormito nella stanza con tutti i bimbi e stamattina, in cucina, mentre i bimbi facevano colazione, lui ha spiccato il volo, in silenzio, come per il resto della sua vita: un silenzio pieno di amore, di dolcezza e di tenerezza.

Mateo ha sofferto tanto nella sua breve vita, ma noi non abbiamo mai sentito il peso proprio per la sua bontà e forse anche per una speciale predilezione del cielo per i nostri bimbi così ammalati.

Ringraziamo di cuore Inés e Marisol che gli hanno fatto da mamme in questi tre anni. Il loro abbraccio di madre, di questi tre anni, sono il sigillo di una vita bella che ha mantenuto Mateo sempre sorridente.

Ringraziamo le loro famiglie per l'affetto con cui hanno sempre accolto e curato il piccolo Mateo.

Ringraziamo anche il nonno di Isabella che, da lontano, gli è stato sempre vicino.

Ora Mateo si fermerà qui con noi per sempre grazie alla predilezione che a lui ci ha tenuto uniti.

lunedì 18 febbraio 2013

incidente

Arica, Cile, 18 febbraio, 2013

Carissimi Tutti/e!

Vorremmo avvisarvi che da venerdí siamo in Cile con 20 dei nostri bimbi e 12 persone adulte. Purtroppo, durante il viaggio, a 80 chilometri dall'arrivo, abbiamo avuto un incidente con il furgone prestatoci dalla Suore di Vacas dove viaggiavamo insieme a 15 bimbi e 5 adulti.

Una delle nostre profesoresse, Maribel, di 23 anni, da poco trasferitasi con la sua famiglia alla nostra cittadella, é l'unica che é ancora in ospedale per una grave frattura al braccio destro.

Tania ha una frattura alla clavicola e una bimba, di nome Selena, di 10 anni, ha una frattura al polso. Tutti gli altri bimbi e adulti stanno bene. I genitori sono stati avvisati. Anche David era nel gruppo, peró si trovava nella nostra camionetta che ci seguiva dietro. Il piccolo Juan, invece, era nel furgone e Tania l'ha protetto per cui non si é fatto neanche un graffio. La professoressa ha invece protetto Maria René che non si é fatta niente neppure lei. Il nostro mezzo ha sofferto danni molto gravi perché si capovolto a causa dello scoppio di una ruota.

Da entrambe le parti della strada dove abbiamo sofferto l'incidente c'erano burroni. La macchina si é fermata su uno dei bordi. Io, come autista, sono sottoposto ad una investigazione da parte del Ministero Pubblico, cosa che dovrebbe risolversi con l'udienza fissata per il prossimo 20 marzo.

Tutte le autoritá locali sono intervenute e continuano ad intervenire per darci una mano, la stessa cosa vale per il Consolato e la Cancelleria Boliviana. I bimbi ora sono tranquilli e si divertono perché tutti si occupano di loro e fanno loro tanti regali. Venerdi ritorneranno in Bolivia grazie all'intervento della Console Boliviana in Arica.

Con Tania e il piccolo Juan rimarremo qualche giorno in piú per seguire la nostra professoressa e per completare formalitá legali.

Ringraziamo insieme perché non ci sono stati danni maggiori e vi chiediamo la vostra vicinanza, come sempre. Ari

venerdì 1 febbraio 2013

Teresita deve essere nata sulle rive di un fiume tropicale

Venerdì, 1 febbraio 2013

Teresita è arrivata da noi da poco più di un mese. Prima, viveva in un centro dello Stato insieme ad una trentina di altri bimbi con gravi disfunzioni. Alcuni dei nostri giovani, tutte le domeniche pomeriggio, accompagnati da Giorgia e Gianluca, vanno a passare alcune ore in quel centro con l’intenzione di portarvi un’aria nuova e fresca. Lì hanno conosciuto Teresita. Ci raccontano che la bimba stava sempre nella sua culla, spesso trascurata. E da lì è nato il desiderio di chiedere alle autorità il suo trasferimento da noi, ciò che è avvenuto poco dopo Natale.

Non sappiamo ancora bene della sua storia, della sua famiglia. Avrà 6 anni, ma non è sicura la sua data di nascita. Teresita non parla e non cammina ancora. Per questo, passa molte ore del giorno sdraiata nel box insieme a David. Condividono i giocattoli con un tacito e mutuo accordo. Strano, perché David è molto geloso delle sue cose. Forse perché anche David non parla e non cammina ancora.

... tante volte siamo scesi lungo il fiume tropicale che ci porta alla tribù degli yuqui. Un fiume lento, circondato dagli alti alberi di una foresta impenetrabile. Un fiume silenzioso che pausa la sua quiete interrotto solo dagli squittii delle scimmie e dai suoni dolci del martín pescatore, ma è difficile intravvedere scimmie e uccelli in mezzo a una vegetazione così fitta.

Con nostra grande sorpresa, da quando è arrivata Teresita il caos infantile della nostra casa è punteggiato improvvisamente da squittii e suoni dolci: sono identici a quelli ascoltati sul fiume tropicale. Superata la sorpresa, ci siamo accorti che è Teresita che con maestría riesce e riprodurre fedelmente quei suoni. E’ per questo che immaginiamo che lei deve essere nata sulle rive di un fiume tropicale. Fin dai suoi primi istanti, sola, sdraiata sulle stuoie di canna, deve aver ascoltato quei suoni ed averli impressi nel suo ricordo, sviluppando così una capacità inusuale.

Poi, a causa della sua malattia, deve essere stata strappata dal suo mondo, dal suo fiume, per essere ricoverata in un anonimo e triste centro della città. Ora è qui Teresita, e ci riporta a quell’atmosfera particolare, a quel percorso sul fiume che ci unisce con una tribù della foresta tropicale, fitta di dolore e di malattie. Teresita ha inventato questo suo modo di comunicare la sua storia, lei che non cammina e che non parla ancora. Ha ascoltato e ha riprodotto. Proprio lei che, come ci ha detto la dottoressa ieri, non vede perché è cieca dalla nascita, proprio –forse- come il nostro amatissimo piccolo Juan. Ma Teresita ci aiuta a rivedere e ci aiuta a rivivere, ci aiuta ad ascoltare e ci aiuta a ricordare.

...Jhon Ademar, invece, sembra un coniglietto scappato da un libro di fiabe

Nella stessa stanza in cui viveva sino a poco tempo fa Teresita, i nostri giovani hanno conosciuto e si sono affezionati a Jhon Ademar, un frugoletto di tre anni che, con il suo nome strano e i suoi dentini da coniglietto, sembra davvero uscito da un libro di fiabe. E insieme a lei è stato trasferito alla nostra casetta poco dopo Natale. E’ uno spettacolo di bimbo, sempre allegro e sorridente. La gioia gli esce dagli occhi, lui che ha la fortuna di aprirli. E ben se ne approfitta perché esce un’espressività impressionante da quegli occhi, lui sempre immobile sul suo lettino. E ti attira finché non lo abbracci e lo riempi di baci.

Non cammina e non parla, riesce appena ad avvicinare le mani alla bocca, ma sorride sempre. E’ privo di tono muscolare, ma la vita sprizza da ogni poro del suo esile corpo. Si agita solo quando ha fame. Quante strette di fame deve aver sopportato,così piccolo, ci diceva ieri la dottoressa...

Vale la stessa cosa per lui: non sappiamo bene la sua età, non conosciamo la sua storia, il perché della sua malattia, ma abbiamo aperto senza esitazione le porte della nostra casa per accoglierlo. E, come sempre, abbiamo guadagnato, soprattutto in serenità.

Teresita e Jhon Ademar, come tanti dei nostri bimbi, non camminano e non parlano, ma sono ora curati con affetto, di giorno e di notte. Sono accolti come un tesoro unico e prezioso nella nostra piccola e caotica comunità. Ma non sono gli unici! Nei quindici giorni attorno al Natale, infatti, abbiamo accolto Elizabeth, di sei mesi di età, Sebastián di un mese, Miguel Angel di due anni, sua sorella María Luisa di un anno e Jesús con solo una settimana di vita. E la stanza da letto qui accanto si è riempita di culle!

E noi impariamo grazie a questi bimbi a vedere e ad ascoltare, a tacere e a sorridere nonostante il dolore.

E proviamo pure a comunicare il mistero di storie difficili per spronarci insieme verso l’essenziale.

giovedì 10 gennaio 2013

anche oggi

Anche oggi è arrivato un nuovo bimbo!

E' proprio un Natale prolungato nella casa de los niños!

Gli hanno messo nome Jesús e come data di nascita il 25 dicembre.

Ha solo dieci giorni!

Dieci giorni difficili: la mamma ha cercato di eliminarlo perché frutto di un incesto. Sono subito intervenuti dei vicini e l'hanno affidato all'ospedale e da lì a noi, questo pomeriggio.

Certo che tutti gli vogliono bene e che lo vorrebbero in affido. Ecco una sua foto con gli auguri di ben arrivato!