sabato 18 febbraio 2012

Tutto è dono

... Ha piovuto tutta la notte. Siamo in febbraio, in piena estate, secondo il calendario del nostro emisfero sud, ma il tempo è pessimo, anche se non siamo ai livelli dell’attuale inverno italiano. E’ normale la pioggia in questa stagione, ma non con questa intensità e costanza: piove quasi tutti i giorni ininterrottamente. Inondazioni e frane da tutte le parti. Anche la nostra cittadella è sott’acqua, piena di pozzanghere e fango dappertutto. La preoccupazione ci toglie il sonno. Sono le 6 del mattino. E’ ancora buio, ma fuori si sente il concerto allegro degli uccelli. Fanno festa perché la pioggia ha cessato: finalmente! I nidi stanno sgocciolando come i tetti delle nostre casette. Ed è giusto che risuonino questi strillii di festa!

... sono passati 5 anni da quando siamo arrivati qui. Abbiamo completato le costruzioni. Mancano i particolari: il disegno delle strade, i giardini ben curati, alcuni laboratori...

Nel fondo del parco si sta elevando una struttura in legno. Da mesi ci siamo dietro e non riusciamo a completarla. Non esiste tanta esperienza in costruzioni in legno in Bolivia, soprattutto nelle regioni ad altitudini elevate come la nostra. Dopo tante esitazioni, abbiamo deciso che tutto sarà costruito in legno di pino perché ci sembra un materiale più bello e più degno. E’ il nostro luogo di ritrovo serale. E’ il nostro nido, dopo le piogge, le fatiche del giorno. E’ il luogo di ritrovo della comunità, attorniato da casette, già cresciute, e da alberi, in via di crescita.

Confessiamo che abbiamo fatto molta fatica a costruire questo luogo, puntando sul lavoro di tutti, a differenza delle casette in cui siamo diventati esperti e in pochi mesi ne costruivamo due. Ma forse dobbiamo o possiamo vedere in questa difficoltà tutto lo sforzo che stiamo facendo adesso per essere una comunità, una famiglia che cresce unita.

Si tratta dell’ultima costruzione, qui, nella cittadella.

Vorremmo fosse la meglio riuscita. Vorremmo...

Si chiama: “porta del cielo” perché nella fase attuale il cielo lo si vede da tutte le parti! Anche questa costruzione ci è stata regalata, come tutto il resto qui nel nostro Centro. Per quello che abbiamo scritto che: “Tutto è dono”. Ci è stata regalata da persone che non conosciamo, ma che hanno saputo del nostro sogno e vi hanno aderito, da lontano, nell’anonimato e nella fiducia. Insieme a tanta generosità!

Le nostre casette sono ormai piene. Stasera arriva l’ultima famiglia, che neppure conosciamo, ma che ci è stata segnalata=regalata da Suor Bruna in seguito alle alluvioni di questi giorni, e siamo molto contenti di accoglierla. Mamma e papà con 5 figlie. Anche per loro sarà un dono inaspettato trovarsi con una casetta vera e propria. Ma poi ci vorrà tutto il lavoro e lo sforzo dell’accoglienza, non solo fisica, con la casa, ma del cuore, con l’amicizia e la conoscenza di tutta la comunità.

Ci guardiamo in faccia ogni sera nella nuova costruzione in legno, e ci rispecchiamo nei nostri limiti, ma cogliamo anche nuove aspirazioni. Tutto qui è cresciuto rapidamente e a volte in forma disordinata. E’ la realtà della vita. Qui nella cittadella è riunito un campionario di umanità fragile e sofferta. Penso agli uccellini nel nido dopo la pioggia notturna e vedo una certa similitudine. Mi viene da costatare, non con tristezza!, che noi non siamo ancora capaci di “cantare” insieme. Abbiamo un nido caldo che ci accoglie, ma non siamo ancora pronti per il nostro concerto: ci vuole tempo e allenamento per mettere insieme le note e gli strumenti che ognuno di noi, che ogni famiglia qui rappresenta. E’ per questo che io vedo con speranza il muoversi della cittadella, ogni sera alle 7, verso quella ultima costruzione in legno che fa fatica a completarsi.

Al suono della campana -una piccola e umile campanella che ho portato da Toano, da casa mia, due anni fa, regalo di mia madre-, con passo lento, mamme, papà, giovani e bambini si muovono verso quel centro della cittadella. E’ bello e significativo questo uscire di casa, questo lasciare i giochi, la televisione!, questo rinunciare alle attività del momento per riunirsi 15 minuti insieme, per ascoltarci, per guardarci negli occhi, scambiandoci buone notizie e dandoci la buona notte. Era uno dei desideri che avevamo maturato da tempo e piano piano si sta materializzando.

Ma è anche una sfida. Non tutti, infatti, escono di casa, non tutti i bambini lasciano i giochi. Non tutti hanno la semplicità di accettare il richiamo della campanella. Non tutti credono nella forza e nella novità del riunirsi insieme. Non è facile rinunciare a piccole comodità o abitudini. Non siamo obbligati, certo, e non obblighiamo nessuno. Ma intanto è partita la sfida e noi ne siamo molto soddisfatti. Anche questa deve essere una scelta personale, che parte dal cuore, frutto di una maturazione personale e come comunità. Noi siamo convinti che si tratta di un momento necessario e importante, aldilà della personale esperienza religiosa, ma forse non siamo ancora preparati.

... rispetto a questo, mi ha colpito una frase del Vangelo di oggi. Gesù va su un monte alto, insieme a tre dei suoi amici e lì vive una esperienza profonda che lo cambia, lo trasfigura. Pietro, spaventato, lancia ingenuamente una frase: “E’ bello per noi stare qui. Facciamo tre tende!”.

Oggi mi ha colpito questa frase perché mi sono ricordato di alcuni particolari. Due anni fa, quando ero al mio paese in Italia, a Toano, conversavamo con mio cugino Mauro, che è geometra, di costruzioni rapide e leggere che potessero contenere un numero elevato di persone. Lui mi parlò di tende, sostenute da strutture metalliche leggere che saremmo potuti andare a vedere, istallate, in un paese vicino a Toano, a Corneto. In quel periodo venne anche un amico sacerdote del Molise a trovarmi a Toano e mi offrì l’appoggio suo, e di un gruppo della sua parrocchia, per la costruzione di una cappellina=centro di ritrovo comune nella cittadella. Qualche tempo dopo, quando ritornai in Bolivia, passeggiando un giorno tra le nostre casette e conversando con alcune delle persone con cui portiamo avanti la nostra esperienza, da lontano ci parve di vedere come poteva essere e dove poteva situarsi il nostro luogo di ritrovo comune: in mezzo alle casette, al fondo del parco. Una struttura semplice costituita come da una specie di tre tende/tettoie legate tra loro, o qualcosa di simile, che si armonizzasse con l’ambiente e non fosse strutturalmente troppo pesante. Passò quasi un anno da quel momento e ci mettemmo all’opera, puntando, come dicevo sopra, sul lavoro volontario di tutti noi e sulle nostre –poche!- capacità architettoniche.

Senza volere, anche noi abbiamo pensato in tre tende perché è bello e necessario ritrovarsi tutti insieme, tre costruzioni per riunirsi ogni sera, e nei momenti importanti, nel cuore della cittadella. La costruzione di queste tre tende è lenta e sofferta come è lenta e sofferta la costruzione della nostra comunità, come scrivevo sopra e sono alcuni mesi che abbiamo iniziato i lavori comunitari di questa prima struttura, in legno di pino. Ma soprattutto, sono alcune settimane che ci ritroviamo sotto quella struttura, alle 7 di sera, uscendo da noi stessi, dalle nostre case. Per pregare. Per ascoltare le parole buone che ogni giorno Gesù tiene preparate per noi. Per scambiare alcune parole o esperienze del giorno. Per desiderarci la buona notte. E per presentare le nostre necessità ricordano soprattutto chi soffre ed è meno fortunato di noi. Farlo insieme è una garanzia! Abbiamo appena iniziato. Non siamo tutti presenti, ma lo facciamo ogni sera. Mi consola pensare che anche Gesù non si è portato sul monte tutti i suoi amici, ma solo alcuni. Forse gli altri erano occupati in altre faccende o non erano ancora preparati. Siamo comunque pieni di illusione e sogniamo che un giorno, grazie a questa esperienza, si vedrà la trasfigurazione=trasformazione della nostra cittadella. E noi non vorremmo fermarci qui. Ci piace pensare in trasformazioni importanti e necessarie anche in altri posti, in altri quartieri, in altri Paesi, per altri amici che conosciamo. Ma siamo pure sicuri che solo con Gesù, in compagnia di Gesù la nostra cappella, il nostro luogo di ritrovo comune, la nostra cittadella sarà porta del Cielo per tanti.

... Ora è notte... E’ arrivata la nuova famiglia nella cittadella, sfollata a causa dell’alluvione da una zona della città vicina al fiume. E’ arrivata piena di fagotti umili ed umidi di fango sulla macchina delle suore. Le bimbe sono molto più piccole della loro età: 10, 6 e 3 anni; e poi ci sono due gemelline di 1 anno. Dal luogo di ritrovo serale è partito l’appello all’accoglienza e tutti ci siamo dati fare. Anche le famiglie della nostra cittadella sono povere, ma sono arrivati lo stesso letti nuovi, materassi, coperte, una culla, piatti e pentole, panini e latte caldo. In pochi minuti si allestisce la nuova casa pulita e ordinata grazie al movimento della solidarietà.

Davvero: tutto è dono! Tutto abbiamo ricevuto gratis e tutto –quel poco che abbiamo- possiamo condividerlo gratuitamente e generosamente. Rivedo nella mente quelle 5 bimbe... Gracili come gli uccelli che sentivo cantare stamattina. Ma ora hanno un nido e potranno stringersi insieme protette dal freddo e dalla pioggia.

lunedì 6 febbraio 2012

Un particolare prima di andare a letto

E’ tardi ed è ora di andare a letto dopo una giornata abbastanza intensa visto che proprio oggi sono riiniziate le scuole qui in Bolivia. Ma poco fa, mentre stavo riordinando la cucina, mi sono ricordato di un piccolo particolare di oggi che mi ha fatto bene e lo voglio condividere. Faccio in fretta e poi vado a letto. Confesso che ho già bevuto la mia tazza notturna di latte...

Dopo aver corso tutto il giorno, stavo preparando la cena per i bimbi che –rientrati da scuola- approfittavano del bel pomeriggio di sole per gli ultimi momenti di gioco, fuori, in giardino accompagnati da Sara (ragazza francese che vive con noi da alcune settimane) e da María René. Entra María René in cucina. Si avvicina e mi dice: “Porto un bicchiere d’acqua a Dennis e poi vengo a darti una mano”. “Ti aspetto!”, le rispondo, “ma fai con calma”.

Poco dopo, si affaccia di nuovo María René e mi chiede con la sua innocenza e semplicità: “In che cosa posso aiutarti?”. “Beh, puoi aiutarmi ad asciugare i bicchieri e i piatti rimasti sul lavandino. Così prepariamo i tavoli per la cena, tanto manca poco”. “Quanti siamo? Sì, cinque bimbi. No, a dire la verità siamo in sei perché stasera c’è anche il piccolo Mateo. E poi, vicino ad ogni piatto metto il tovagliolino di carta e il cucchiaio. Va bene?”. “Certo che va bene!”

Passano alcuni minuti e tutto è già in ordine per la cena. “E adesso, in cosa posso aiutarti?” “Vai a chiamare i bimbi, che entrino in casa perché la cena è pronta. Aiutali a lavarsi le mani e a mettersi il tovagliolo. Che si siedano e poi mi aiuti a servire i piatti”. Preparo i piatti con la cena e María René si incarica di distribuirli ad ognuno. Viene a chiamarla sua sorella. Prende le sue medicine, mi saluta, e se ne va a casa sua: “Ciao! Anche domani vengo ad aiutarti dopo la scuola!” “Ciao, María René: a domani!”

Una scena davvero semplice che era passata inosservata alla mia mente. Ma poi mi si è ripresentata come una piccola scintilla rincuorante, mentre –con un certo sforzo di convincimento, vista l’ora-, cercavo di lasciare più ordinata la cucina per il giorno dopo, lavando anche il pavimento. Il fatto è che mi è tornata in mente la frase di María René: “In che cosa posso aiutarti?”. María René ha sette anni, quasi otto. E’ una bimba buona, dal cuore nobile, ma spesso anche capricciosa come tutte le bimbe del mondo. Ma mi permetto di interpretare quella sua innocente frase di disponibilità all’aiuto come una lezione confortante per me e spero per noi tutti della casa de los niños.

María René è stata aiutata e accompagnata con tanto affetto da tutti noi in questi sei anni di malattia e sospensione che in diversi modi abbiamo condiviso con lei. Lei fin dal primo momento è stata qui a veder nascere la nostra cittadella, frutto di una condivisione eccezionale e di tanto sforzo disinteressato, e anonimo!, da parte di tutti.

María René ha assorbito tutto questo con il suo cuore puro di bimba. Ed ora, pur piccola, pur bimba di sette anni, riesce a cogliere l’essenza della vita in questo suo ricambiare l’amore che ha ricevuto con la sua totale disponibilità ad aiutare. Certo: secondo le sue forze e la sua capacità di bimba. E non vuole niente a cambio. Lo fa senza interesse, senza chiedere un premio: un dolce, un regalo, un favore.

María René, bimba di sette anni, coglie questo piccolo segreto della casa de los niños: che tutto è dono, che tutto è disponibilità, che tutto è condivisione piena, e che si può entrare in questo gioco di donarsi interamente agli altri anche se si è bimbi perché il cuore lo suggerisce, questo nostro cuore che ha una capacità unica: quella di registrare, di sigillare in sé ciò che è buono. E di suggerire il bene. E di contribuire ad aprire al bene il cuore di tanti. Con innocenza e semplicità, senza chiedere niente a cambio.

“In che cosa posso aiutarti?”

Mi viene da dire che María René ha imparato, che ha respirato aria buona. E allora, guardando e ricordando una piccola scena, possiamo continuare a coltivare nel cuore la speranza. E con innnocenza e semplicità la condividiamo.