Da poco più di un giorno è arrivato un nuovo bimbo nella nostra casetta. Ha nome e cognomi, cioè ha una famiglia al completo di papà e di mamma, ha una data di nascita, ma è stato abbandonato dai genitori, supponiamo a causa della sua malattia.
La polizia l’ha trovato per strada, avvolto in fasce. Gli Enti Sociali hanno chiesto a noi di accoglierlo. Non c’era posto per lui negli altri Centri, in città:
“Vi preghiamo di tenerlo solo per due settimane, finché ritroviamo la sua famiglia o cerchiamo un’altra sistemazione”.
Difficile dire di no di fronte a tanta malattia, a un essere così indifeso. E poi ci viene da sorridere al ricordare che la stessa identica frase ci fu detta quattro anni fa quando accogliemmo David! O due anni fa quando arrivò Mateo.
La decisione presa in fretta, senza troppi calcoli o considerazioni complicate. E così venerdì, a mezzogiorno, è arrivato il piccolo Juan. Una sorpresa, una sorpresa per tutti, soprattutto per gli altri nostri bimbi, al rientro da scuola.
Il piccolo Juan ha quasi tre mesi. Pesa 4 chili. E’ idrocefalo come David, come Mateo e come la Jacky. Detto in parole semplici: ha una valvola di derivazione che scarica i liquidi in eccesso dal cervello alla zona addominale.
Arriva il bebè e noi di fretta a comprare pannolini su misura e latte in polvere. E a metterci d’accordo sulla quantità di latte nel biberon, quante volte al giorno, su chi deve occuparsi di lui, dove deve dormire, se avrà freddo o no, annotando su un foglietto se ha fatto cacchina o no, eccetera.
E la vita si trasforma improvvisamente anche tra di noi. Il bimbo piange e non sappiamo perché. Allora l’attenzione è tutta per lui. Usciamo da noi stessi, dalle nostre capacità e abilità professionali, a guardarci in faccia smarriti e a cercare consigli tra di noi visto che non siamo mai stati nè genitori nè mamme.
Povero Juanito: dov’è capitato! Meno male che qui fuori ci sono una settantina di mamme! E poi quasi ogni mese nasce un bimbo nella nostra cittadella per cui possiamo andare “in prestito” di latte materno! Ma da parte di tutti: disponibilità assoluta per le coccole! E allora gli altri bimbi cominciano ad essere un po’ gelosi. Naturale!
Una sorpresa bella, il piccolo Juan.
Dicevamo che non abbiamo tempo per tante considerazioni. Certo: siamo tristi, turbati e perplessi per la scelta presa dai suoi genitori. Ma non li giudichiamo. Abbiamo idee abbastanza chiare sui problemi cerebrali nei bambini. E’ difficile per noi, chissà come sarà per genitori poveri o pieni di figli... Ma basterebbe avere la semplicità di farsi aiutare o avere qualcuno vicino pronto a dare qualche buon suggerimento... Speriamo trovare i genitori.
Mentre tutti gli altri bimbi dormono beati, il bebè è sotto che piange. Ha ragione! Il fatto è che lui ha diritto alla sua famiglia: non sa perché improvvisamente l’ha persa! E così noi la stiamo cercando. Anche se siamo contenti di esserne, temporaneamente, un umile surrogato.
Bello vedere la disponibilità dei ragazzi, di tutti, qui in casa. Certo, noi che siamo specialisti in caos e disorganizzazioni vediamo moltiplicarsi la confusione qui in casa. Ma aprire la porta della nostra casa al bisogno getta un velo su qualsiasi situazione confusa. L’ordine aspetterà.
Tenere tra le braccia un bebè, ammalato senza colpa, è un’emozione che chiarisce e rafforza le scelte profonde di chi vive qui o è venuto qui per condividere un cammino. Ora si capisce meglio:
“Lasciate che i bimbi vengano a me!”
Vien da dire che la Casa de los niños ha ormai una forza profonda che la fa andare avanti. Chi vi arriva l’assimila e la moltiplica. E’ come se la debolezza dei piccoli facesse leva sulla debolezza personale. E ognuno scopre un orizzonte impensato, ma forse anelato. Il cuore si sente capace. E la volontà aderisce.
Piccole-grandi esperienze che ci fanno sentire fortunati, non migliori.
“L’essenziale non si vede con gli occhi!”
Nel piccolo Juan vediamo la triste realtà della sua famiglia che l’ha abbandonato per strada. Assurda realtà alla nostra mente. Ma se chiudiamo gli occhi, vediamo anche oltre la realtà, perché spuntano gli occhi del cuore, gli occhi dei sogni. C’è uno spazio immenso, una capacità immensa nel cuore dell’umanità per la compassione se impariamo a scoprirla e a condividerla insieme.
Chiudere gli occhi alla realtà è lasciarsi svegliare dal pianto del piccolo Juan, dei troppi piccoli Juan che purtroppo sono ancor oggi abbandonati per strada.
Ma noi ci azzardiamo ad affermare che un giorno, come umanità, potremo davvero riaprire gli occhi, perché il piccolo Juan ci sveglierà con la gagliarda simpatia del suo sorriso, in braccio ai suoi genitori. E’ una certezza ed è un augurio:
Ben arrivato, piccolo Juan!
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