lunedì 14 febbraio 2011

14 febbraio 2011: l'arrivo di Sonia

Poco fa Milton mi ha chiesto: "chi è questo bimbo che sta nella culla". Il bimbo è una bimba , ma per via del taglio dei capelli può sembrare un bimbo. La culla è quella di David che Sonia, come già sapete da Gianluca, sta condividendo da alcuni giorni con lui. Mi permetto di riprendere il messaggio di Gianluca, pubblicato nel suo blog l'altra settimana, così com'è perché è il riflesso fresco e profondo dell'arrivo di Sonia qui a casa, mercoledí scorso:


.. anche Sonia ha il potere di insegnare a chi le è affianco una marea di lezioni di vita in pochissimi secondi come solo poche altri uomini al mondo sanno fare. Con lei ho imparato che le persone malate sono persone "speciali" e, in quanto tali, normali; perché ognuno di noi ha delle specialità che nessun altro al mondo conosce, ma le bambine come Sonia sanno condividerle all'istante con tutti e sanno arrivare al fondo del cuore di chi ha la possibilità di incontrarle. Ed ora vi spiego il perché?


Sonia è malata, ha un tumore al cervello e in ospedale non si può fare più nulla per lei. Sonia correva in bici, andava a scuola e parlava con tutti fino ad un mese fa, ma ora la malattia l'ha resa incapace di compiere qualsiasi gesto che non sia la respirazione e qualche timido movimento. Sonia ha bisogno di amici che la accompagnino in questo momento speciale della sua vita e mi auguro col cuore che tutte le persone che passino di qui in questi giorni, me compreso, sappiano apprendere da lei il più possibile,perché Sonia chiede in cambio solo un sorriso. Non so il perché ma ci sono dei piccoli e intensi istanti nella vita di ognuno di noi che non si dimenticano mai: te li ricordi anche dopo 100 anni! Beh uno di questi momenti me li ha donati proprio questa bambina di 6 anni e 6 mesi: era poggiata sulla sedia a rotelle e un infermiere la stava accompagnando alla nostra Jeep mentre con i suoi genitori abbandonavamo l?ospedale. Non ero ancora riuscito a vedere i suoi occhi perché la sua testa poggiava verso il basso mentre attraversavamo la strada. Arrivati a destinazione, l'infermiere le toglie la sciarpa che le serviva per non cadere dalla sedia e decido di prenderla per le braccia e accompagnarla sul sedile. Ora non so se è stato un caso, una coincidenza o una mia suggestione, ma nel momento stesso in cui l'ho abbracciata e l'ho tirata verso di me la sua testa si alza, il suo sguardo incrocia il mio, ho visto il sole risplendere nei suoi occhi e nello stesso istante,non so cosa,ma qualcosa di lei è passato in me,non so come spiegarvelo,ma non avevo mai provato una sensazione del genere e mai riuscirò a parole a descrivervelo. Lascio lentamente cadere il corpo di Sonia tra le braccia della mamma e con Aristide ci avviamo verso la nostra casa. Ora Sonia riposa in un lettino mentre io vi scrivo dalla mia camera accompagnato dal frastuono del tetto di ferro battuto da una pioggia assordante, ma ho ancora il calore di quello sguardo impresso nella mia memoria e penso a come poter trasformare quel calore in qualcosa di buono per le persone che mi sono affianco senza chiedere nulla in cambio,perché sento che questo sia l'insegnamento donatomi da questa bambina sconosciuta che in pochi secondi è entrata nella mia vita e spero mai ne uscirà!


Sonia è ammalata da un mese, con una malattia imprevista e incurabile. Quando l'assistente sociale dell'ospedale ci ha chiesto di riceverla perché non si poteva fare più niente per lei, noi abbiamo accettato subito, con il consenso dei genitori. Noi non siamo degli specialisti, ma quando possiamo, diciamo di sì, senza pensarci troppo, soprattutto se si tratta di bambini. E lo facciamo insieme, con un accordo tacito, unanime e quasi istintivo che condividiamo anche con chi sta dall'altra parte del mondo. A dire il vero, nel caso di Sonia abbiamo discusso perché capiamo che la cosa più importante per lei è stare con genitori, mica con noi! Si illumina quando li vede o sente la loro voce. Non sappiamo se sente bene o se vede bene, neanche i medici ce lo sanno dire, ma probabilmente intuisce la presenza o l'assenza dei genitori e dei fratellini. Sono in 7 a casa. Abbiamo visto con Gianluca la casetta dove vivono, in un cortile dove si fabbricano mattoni, nella zona dietro l'aeroporto, una zona malsana, a due passi dal bughiciattolo dove qualche anno fa viveva pure il piccolo Manuel con la sua famiglia. Più che una casa, è uno stanzone di circa 15 metri quadrati, senza nessun tipo di sevizio.


Sonia, in questo momento della sua vita, deve stare necessariamente con i genitori e allora noi subito abbiamo offerto una delle nuove casette per la sua famiglia affinché i genitori e i fratelli si trasferiscano da noi il più presto possibile. La mamma e due sorelle ieri notte hanno dormito provvisoriamente qui. Intanto facciamo noi i turni per stare con la bimba di notte. E non si tratta certo di un sacrificio o di un atto eroico. E' un semplice gesto di affetto e di bontà: accompagnarla di notte come di giorno, tanto lei è brava e non si lamenta mai.


Ogni gesto è speciale con lei: darle da mangiare con la siringa; intuire quando ha fame; cambiarle il pannolino; fare un giretto fuori casa con il passeggino; metterla davanti al televisore per farle ascoltare musica; pulire il suo volto che a volte si macchia di vomito; scattarle una foto; ripararla con una coperta; chiamarla per nome nella speranza di vedere una sua reazione; un bacio in fronte, una carezza sui capelli; uno sguardo e un sorriso alla ricerca dei suoi occhi che trascorrono chiusi la maggior parte del giorno.


E' una bimba di 6 anni, come tanti dei nostri bimbi che ora giocano nel parco, di ritorno dalla scuola.


Vengono tante domande: perché la malattia ha scelto proprio lei? Perché tanta impotenza? Come si può improvvisamente spegnere la vita in una bimba?


Chissà quanti gridi repressi nel suo corpo.


Possiamo immaginare i suoi pensieri di bimba: Vorrei tornare a camminare. Vorrei giocare con le mie sorelline. Vorrei alzarmi dal letto, ma non ho la forza neppure di piangere. Vorrei stringere in un abbraccio i miei genitori. Vorrei mangiare un panino con la mantequilla e bermi da sola un bicchiere di latte. Vorrei un cioccolatino. Vorrei togliermi dalla testa quest'affare che mi opprime. Vorrei togliermi anche questo odioso pannolino che mi fa vergogna: ho già sei anni! Vorrei vedere Cenerentola in televisione. Vorrei comunicare quello che mi succede dentro ma improvvisamente non ho la forza di muovere nessuna parte del mio corpo?.


"Vorrei, vorrei", è il verbo dei bimbi che spesso noi sgridiamo perché li consideriamo capricciosi.


Davanti a Sonia anche noi vorremmo, vorremmo tante cose. Ma vogliamo soprattutto sognare insieme il miracolo per la sua vita. Noi ci guardiamo in faccia e chiediamo insieme il miracolo per la sua vita, lo chiediamo perché non ci sembra giusto vederla com'è adesso. Vorremmo conoscerla com'era un mese fa: bimba tra gli altri bimbi. Non ci sembra giusta la straordinarietà del dolore in Sonia: vorremmo la normalità dei giochi e dei capricci per lei. Vorremmo sentire le sue grida risuonare nella casa de los niños...


... Sonia si prepara per andare a letto... Qualcuno le farà compagnia... Lei si sentirà tranquilla e dormirà...

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