La settimana scorsa, mentre distribuivamo la cena calda agli amici/amiche che vivono in strada, sono rimasto colpito da due piccoli particolari.
Una parentesi: questo messaggio consente alcune premesse. Innanzitutto, il servizio che sin dall’inizio portiamo avanti con questi amici/amiche risulta sempre un’esperienza profonda che ci arricchisce tanto. Un’esperienza che è maturata nel tempo e che porta molti frutti. Un’esperienza di amicizia e condivisione che non abbiamo inventato noi ma che ci hanno insegnato i nostri primi amici e amiche boliviani: questo è bene tenerlo presente sempre! Prima distribuivamo panini con una bevanda calda. Ora siamo un pochino più raffinati, dobbiamo ammetterlo: quasi una cena coi fiocchi!
E poi, approfittiamo di questa occasione per ringraziare tutti quelli che in silenzio –e senza conoscerci personalmente, come i medici di cui parlavamo nel messaggio precendente- ci danno concretamente una mano per rendere possibile e sempre più curato questo bel servizio.
Noi ci consideriamo fortunati perché in questi anni abbiamo visto tanti ragazzi ritornare presso le loro famiglie uscendo dal tunnel della strada che per molti è ancora oscuro, molto duro e senza uscita.
Ci consideriamo fortunati perché le famiglie della cittadella adesso si preoccupano di portare avanti con semplicità questo servizio e lo fanno con molto affetto e dedicazione e con tanta simpatia verso le persone che incontriamo la sera. Conoscono i nomi di questi tutti e persino il giorno del compleanno! Non si tratta, dunque, di persone anonime da attendere in fretta per poi dimenticarsi di loro, no! Sono persone che si desidera incontrare per consolidare un’amicizia semplice che ogni settimana si rinnova.
A proposito di questo servizio, nei giorni scorsi ho sentito il commento di un’autorità locale che diceva che noi, portando la cena calda, incentiviamo la pigrizia di queste persone che dovrebbero invece andare a lavorare per guadagnarsi il pane di ogni giorno. E’ un discorso che ha una logica che molti possono condividere. Io non la condivido e neppure la critico. Io, infatti, non conosco la storia di tutte le persone che abbandonano la propria famiglia e si rifugiano in strada riducendosi a una vita difficile e con poche speranze per il futuro. Per questo non me la sento di giudicare nessuno e neppure di avere la certezza su quale sia il miglior atteggiamento per avvicinarsi a loro. Noi non andiamo la sera a fare un’opera di carità verso le persone che dormono in strada. Noi andiamo a visitare alcuni dei nostri fratelli e delle nostre sorelle meno fortunati di noi per condividere con loro un’esperienza di solidarietà e vicinanza. Noi pensiamo che si tratta di una cosa buona e per questo continuiamo a farlo. Con certezza sappiamo che a tanti di noi fa bene questo gesto.
Dicevo prima che in genere troviamo la sera sempre le stesse persone, ma a volte si aggiungono incontri nuovi perché le circonstanze ci portano a fare un percorso diverso o perché nuove persone scegliono ogni settimana la strada.
Mercoledì scorso siamo passati in fretta per un viale principale di Cochabamba. Anni fa era un posto di ritrovo comune per tutti i ragazzi di strada e distribuivamo tanti panini e latte caldo. Ora, invece, la polizia si è incaricata di “ripulirlo” dal momento che è il luogo principale di ritrovo della “gente bene” della città.
Siamo passati di lì per raggiungere in fretta la piazza. Però, mentre passavamo abbiamo visto un signore solo, seduto su una panchina, con un umile fagotto in mano. Ci siamo fermati nonostante il traffico e abbiamo offerto pure a lui la cena calda. Il signore ci ha guardati stupito e ci ha ringraziati con calore.
Mi ha colpito questo suo grazie così sincero... Era proprio contento di ricevere un piatto caldo! Un piatto semplice, a dire il vero, a base di riso e carne, non come i piatti costosi ed elaborati che si vendono nei ristoranti di quel viale importante. Ma un piatto condiviso gratis, con affetto dalle nostre mamme e dai nostri papà. Quella mano in alto, in segno di saluto e ringraziamento mentre ci allontanavamo con la camionetta, di quel signore solo su una panchina, in quel viale importante dove le coppiette pavoneggiano felici i loro amori, mi ha fatto bene e mi si è impresso nel cuore. Forse rivederemo quel signore la prossima settimana o forse no, ma quel gesto mi ha convinto una volta di più che l’amore non si nutre di ragionamenti contorti ed elevati.
L’amore cresce con i semplici gesti dell’amore.
Arrivati in piazza abbiamo trovato tanta gente ad aspettarci. Qualcuno di noi ha portato il piatto a una signora anziana e cieca che chiede ogni sera l’elemosina dietro l’angolo della piazza. Devo confessare che non conosco il suo nome. Io sono passato per caso davanti a lei mentre ero di ritorno e ho avuto modo di fermarmi a contemplare per un attimo questa signora cieca.
Ho visto che ha tirato fuori dalla sua borsetta un cucchiaio di metallo (noi distribuiamo con materiali di plastica), l’ha strofinato per pulirlo con un fazzoletto, ha fatto il segno della croce e si è messa a mangiare con una calma impressionante, come se volesse gustare ogni chicco di riso. Forse vale la pena ricordare che i ragazzi di strada divorano letteralmente in un attimo un piatto che è una montagna di cibo!
Ho visto in quella anziana la solennità di ogni suo gesto, il piacere di gustare ciò che era per lei, come se fosse solo per lei. Isolata del resto del mondo, concentrata solo su quel piatto!
Lei non mi vedeva, come non vedrà mai il volto di chi le ha preparato la cena e di chi gliel’ha offerta. Ma lei sentirà sempre nelle sue mani il calore di quel piatto. Lei percepirà con il palato la bontà di chi l’ha cucinato.
Allora, davanti alla bontà, non c’è né spazio nè tempo per la fretta. Ogni istante deve essere vissuto con calma e con solennità.
Mi viene da pensare che la vita deve essere gustata e assaporata con la stessa intensità, calma e solennità con cui quella signora gustava il piatto preparato per lei.
Quel piatto era un dono semplice; senza dubbio l’aveva capito quella donna cieca.
Anche ogni istante della nostra vita è un dono semplice che riceviamo tra le mani magari senza sapere il perché o da chi ci viene offerto.
Spesso siamo frettolosi e vorremmo anticiparci al domani. Ho imparato dalla quella signora anziana e cieca che tutto è dono da assaporare: tutto, proprio tutto, anche un gesto insignificante.
Sono ora io a ringraziare questa signora anziana e cieca, di cui non conosco il nome, che almeno per un attimo mi ha insegnato a vedere e a cogliere il senso profondo e solenne anche di piccoli particolari della vita.
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